Diario di viaggio a Bruxelles con tappa in treno a Bruges
19 Maggio 2014
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Cosa c’è di meglio di un bel diario di viaggio di Bruxelles e Bruges per raccontarti le bellezze delle due città che abbiamo visitato, le disgrazie che ci sono capitate e tutto quello che ci è finito in mezzo?
Ti dirò: a me Bruxelles non ha mai ispirato particolare simpatia. La piccola e graziosa Bruges, invece, ha sempre solleticato la mia curiosità, e da qualche tempo era finita tra le città fiamminghe che prima o poi avrei voluto vedere dal vivo.
Quando ho pensato di organizzare questo viaggio tra Bruxelles e Bruges, però, l’obiettivo principale era tornare in un posto che Massimo aveva già visitato precedentemente, il Belgio appunto. Nel suo caso non si trattava di Bruges ma di Liegi, e di una Bruxelles vista di striscio dal finestrino dell’auto, durante un viaggio coi parenti.
Massimo è il mio compagno, se è la prima volta che capiti qui e te lo stai chiedendo.
L’unica cosa che Massimo ricorda di quel viaggio a Liegi, comunque, è il dolore che si è procurato franando malamente lungo una strettissima scala domestica belg,a e atterrando contro la parete opposta di faccia. Massimo all’epoca aveva dieci anni a puzza e il Belgio era l’ultima cosa che gli interessava vedere. Ma sorvoliamo elegantemente su questo dettaglio e buttiamoci di capoccia su questo frizzante diario di viaggio ambientato in Belgio. Non vedo l’ora di raccontarti tutto!
Se ti interessa leggere qualcosa di più serio sulle città visitate, ti invito a dare un’occhiata al mio post su cosa vedere a Bruxelles.
Diario di viaggio Bruxelles e Bruges: 10 maggio 2014, sabato
Il nostro volo per Bruxelles partiva alle sei e mezza del mattino, ad un’orario che definire inumano sarebbe un eufemismo se consideriamo i sessanta chilometri tondi tondi che separano l’aeroporto di Fiumicino e casa nostra.
E pensare che non volavamo manco con Ryanair, ma con la compagnia di bandiera belga: la stronzissima Brussels Airlines. Stronzissima per via dell’orario osceno di quel volo, si intende.
Sveglia piazzata strategicamente sadicamente alle tre.
Alle tre e mezza spaccate eravamo fuori casa, con il trolley in una mano e un pacco di imprecazioni miste nell’altra.
Alle quattro e due minuti sbagliavamo strada.
Alle quattro e sei minuti fissavo Massimo lottare contro l’istinto di accostare, scendere dalla macchina e prendere il navigatore a martellate.
Alle quattro e undici minuti eravamo sani e salvi sul GRA.
Alle quattro e mezza eravamo sani e salvi nel parcheggio dell’aeroporto di Fiumicino.
[No, questo diario di viaggio non sarà tutto così.]
L’arrivo a Bruxelles
Alle otto e quaranta atterravamo a Bruxelles, perfettamente in orario, ma poi abbiamo perso tre quarti d’ora per trovare l’autobus n°471, che teoricamente ci avrebbe portati dalle parti dell’hotel. O almeno sullo stesso pianeta. Ci siamo arrangiati con la navetta dell’aeroporto, che costava un euro in più ma almeno arrivava alla fermata Schuman della metropolitana. Da Schuman abbiamo raggiunto la fermata Botanique, a pochi passi dal nostro hotel dove avevamo in programma di lasciare solo i bagagli per poi ripartire alla volta di Bruges.
Avevo prenotato una camera all’Hotel Retro ad un buon prezzo: 130 euro per due notti in camera doppia, senza colazione. Oltre ad essere relativamente economico, l’Hotel Retro era comodo perché si trovava praticamente di fronte alla fermata della metropolitana, e sopra ad un supermercato. La zona però non era molto piacevole da frequentare, bisogna dirlo.
Abbiamo mollato i bagagli al receptionist e siamo ripartiti, diretti ad una delle stazioni ferroviarie – con relativa fermata metro – di Bruxelles: Gare du Midi. Qui avremmo preso il treno per Bruges alla modica cifra di 14,10 euro a testa.

Le indicazioni a Bruxelles sono in due lingue: francese e olandese. Noi non parliamo nessuna delle due, e dentro alla stazione ci siamo persi più o meno una ventina di volte. Inoltre abbiamo avuto una spiacevole conversazione con un tizio della biglietteria, che non voleva saperne di darci i biglietti della metropolitana in cambio di un pagamento in banconote. Solo carte di credito o monete contate. Mai sentita ‘na roba del genere in vita mia.
Per acquistare i biglietti del treno da Bruxelles a Bruges, invece, abbiamo utilizzato le macchinette automatiche della stazione. Devo dire che è stato abbastanza semplice, con l’opzione in lingua inglese.
Non sapendo se i biglietti andassero vidimati prima di salire sul treno, mi sono avvicinata ad un tizio a caso che ho trovato vicino ai binari: un signore altissimo e un po’ storto, sulla quarantina, tutto vestito di grigio e armato di valigetta ventiquattrore.
Voglio dire: ti pare che uno con una ventiquattrore non sappia darti indicazioni serie su un treno?
Infatti quella poco seria ero io. Non ricordando come si dice “vidimare” in inglese, ho guardato il tizio in faccia e, sorridendo imbarazzata, gli ho fatto il gesto della spillatrice sul biglietto. Quello m’ha guardato con la stessa perplessità con cui si guarda un bambino che si chiude un dito nella portiera della macchina da solo, poi ha girato la testa per dirmi che con quel biglietto potevo farci quello che mi pareva, tranne infilarlo nell’obliteratrice della stazione.
Ganzi e tranquilli ci siamo allontanati in direzione dei posacenere per la pausa sigaretta di Massimo. In quel momento dall’altoparlante è uscita una voce che diceva qualcosa di, ovviamente, incomprensibile. Ho guardato il display del nostro binario e le informazioni sul nostro treno per Bruges erano sparite.
PANICO.
Ma tra la gente affollata lungo il binario è ricicciato lui, il signore di prima, il tizio con la ventiquattrore! Il nostro eroe, che chiaramente ci teneva d’occhio per controllare che non ci spillassimo davvero qualcosa sulle dita, si è avvicinato e ci ha detto che il treno per Bruges esisteva ancora, gli avevano solo cambiato il binario. Ci ha poi indicato la via da seguire per il binario corretto, per poi allontanarsi in direzione del tramonto. O del treno per cambiare Stato e rifarsi una vita, chi lo sa.
Un’ora dopo eravamo a Bruges, il vero gioiellino delle Fiandre.

La giornata a Bruges
Non abbiamo fatto in tempo ad arrivarci, a Bruges, che abbiamo fatto un altro incontro fantastico.
Avevo letto da qualche parte che il centro della città era a soli cinque minuti a piedi dalla stazione, ma quando ho aperto la guida turistica ho capito che non era vicino come pensavo. Quindi immaginati la scena: io e Massimo davanti alla stazione, lui a fumare ed io a girare la mappa a destra e a sinistra nel tentativo di capire come arrivare al centro. In quel momento si è materializzato un uomo dai modi un po’ allegri, diciamo così, che ci si è avvicinato in cerca di una sigaretta.
“Che ci fate a Bruges?” ci ha chiesto in un inglese un po’ stentato.
“Una gita fuori porta, il Colosseo dopo un po’ stanca” gli ho detto io.
Io ero sempre quella che non sapeva come dire “vidimare un biglietto” in inglese, e ci tengo a sottolinearlo per dire che col tizio volevo essere sarcastica, ma all’epoca non ne ero ancora in grado. Gli ho perciò rifilato un “vorremmo visitare Bruges e non sappiamo come raggiungere il centro, ce dai una mano?“
“Prendete un autobus a caso e ci arrivate” ci ha risposto lui tra un tiro e l’altro. “E provate lo stoofvlees!“
A convincerci del tutto è stata l’espressione che ha fatto subito dopo aver nominato il piatto: quella di qualcuno che ha mangiato un piatto davvero delizioso. Più chiaro di così…
Qualche fermata di autobus dopo eravamo di fronte al ristorante Gruuthuse Hof: una sala di una quarantina di metri quadrati dall’atmosfera rustica, i tavoli di legno e il mood rassicurante di un piccolo pub un po’ alla buona.
Siamo stati anche fortunati, perché i tavoli erano tutti occupati e noi non avevamo prenotato.
Abbiamo scelto il menù del turista che, al prezzo fisso di 16,90 euro a testa, offriva una zuppa del giorno, un piatto principale a scelta tra pollo e salmone con un contorno di patate fritte, e un dolce. Poteva essere una sòla, una classica strategia acchiappaturisti, invece abbiamo mangiato benissimo ed iniziare il pasto consumando una zuppa calda, col vento gelido che tirava in quel momento, è stato meraviglioso.
Se capiti a Bruges e hai fame, prendi in considerazione questo posto. Si trova davanti alla Chiesa di Nostra Signora, famosa perché dentro c’è la statua della Madonna col Bambino di Michelangelo. E’ famosa anche perché la sua torre è la seconda più alta del Belgio.

Dopo pranzo ci siamo mossi in direzione del Markt, la piazza più famosa di Bruges dove si trova anche la torre del Belfort, il vero simbolo della capitale delle Fiandre Occidentali. Abbiamo visitato la città proprio in questo modo: concedendoci una lunga e tranquilla passeggiata tra le pittoresche stradine circondate da salici piangenti, edifici dai tetti a cuspide dei colori dell’autunno, ponti sospesi sul labirinto di canali che fanno di Bruges la Venezia del Nord. E poi cioccolaterie, negozietti di merletti e vetrine di dolci di marzapane, persino qualche carrozza trainata da cavalli.
L’unico difetto di questa cittadina, insomma, è il vento che ti apre in due la faccia pure a maggio. E con questa constatazione chiudo la parentesi poetica che m’è partita un paio di righe fa.



Al termine della passeggiata abbiamo ripreso il treno e siamo tornati a Bruxelles, acquistando nel frattempo un delizioso muffin al cioccolato che ci ha fatto un po’ da merenda e un po’ da aperitivo, perché erano le sei del pomeriggio.
Per cena eravamo talmente sfatti e a pezzi che ci siamo accontentati del Carrefour sotto all’hotel, e abbiamo concluso la nostra prima serata in Belgio smangiucchiando due tramezzini confezionati davanti all’Eurovision in francese.
Diario di viaggio Bruxelles e Bruges: 11 maggio 2014, domenica
Per questa domenica avevamo in programma la visita all’Atomium e soprattutto alla Mini-Europe, che praticamente sono l’unico motivo per cui ti consiglierei di visitare Bruxelles. Poi capirai il motivo.
Nella lista delle cose da vedere avevo piazzato anche l’Aksum Coffee House, un bar che avevo trovato su Internet e mi aveva colpito perché gestito da un signore etiope che offriva caffè etiope, bevande tipiche africane e dolcetti vari. Dalle recensioni sembrava che il proprietario fosse anche una persona gentile e simpatica, il tipo di essere umano che vorrei avere intorno mentre faccio colazione all’estero di domenica mattina.
Già.
Un solo pensiero mi ha fatto cambiare idea: la possibilità che di domenica potesse essere chiuso. Google non ci era stato utile per scoprire quest’informazione, così ho semplicemente spostato la colazione africana al giorno dopo e abbiamo raggiunto la Mini-Europe dopo aver ingoiato uno snack a caso preso al Carrefour, giusto per tenere buono lo stomaco.
[Spoiler: il giorno dopo ho scoperto che il giorno di chiusura della caffetteria appena menzionata era proprio il lunedì.]
Visita alla Mini-Europe di Bruxelles
La Mini-Europe di Bruxelles si raggiunge prendendo la metropolitana fino alla fermata Heysel. Dalla stazione si prosegue a piedi per circa cinque minuti in direzione dell’Atomium, la gigantesca struttura di metallo a forma di atomo, e si arriva al Bruparck, un parco divertimenti che comprende diversi ristoranti, un cinema multisala, l’Océade che è un parco acquatico, e la Mini-Europe.

Alla biglietteria del Bruparck trovi sia i biglietti singoli che quelli combinati per visitare le varie attrazioni, compreso il biglietto per salire all’interno dell’Atomium. Quello della Mini-Europe costava 14,30 euro a testa.
La Mini-Europe è proprio ciò che sembra leggendo il nome: una mini Europa rappresentata da un parco con i simboli dei Paesi d’Europa in miniatura. Inutile dire che i bambini e le bambine lo adorano, ma è un luogo interessante anche per gli adulti. Lo dico da adulta che tornerebbe volentieri all’Italia in miniatura di Rimini.
E’ interessante la scelta che è stata fatta riguardo ai monumenti e alle città da proporre per rappresentare alcuni Paesi europei.
Ci sono la Tour Eiffel di Parigi e il Big Ben di Londra, ma nell’area dedicata all’Italia non trovi il Colosseo o il Duomo di Milano, ma la torre di Pisa, Piazza San Marco di Venezia ed Alberobello. Per la Finlandia non c’è un monumento di Helsinki, che è la capitale, o di Turku o Tampere che sono due città abbastanza importanti. No. Per la Finlandia c’è Savonlinna. Savonlinna è una città della Finlandia sud-orientale nota per il suo castello, bellissima ma sicuramente poco nota fuori dai confini finlandesi.
Boh, vai a capi’.

Per pranzo ci siamo fermati a mangiare in uno dei localini del parco che dovrebbe chiamarsi l’Ambre d’Or. Lì ho assaggiato una crêpe al pollo che era la fine del mondo, però due caffè ci sono costati cinque euro!
Non sembra ma il parco è bello grande, ci siamo dati alla pazza gioia ma dopo pranzo eravamo cotti e ci eravamo beccati anche un bel po’ di pioggia. In Belgio c’è quella pioggerellina bastarda che non ti fa aprire l’ombrello, ma ti bagna pure le ossa e a fine giornata ti sfianca, quindi ho proposto a Massimo di rientrare in albergo.
Questo viaggio a Bruxelles e Bruges doveva servire a farci passare un weekend diverso dal solito, visitando una città nuova senza impegno. Ecco perché non abbiamo seguito itinerari serrati, e non ci siamo impegnati per riuscire a vedere tutto quello che c’è da vedere nella capitale belga, preferendo la Mini-Europe a qualche museo.
Prima di rientrare siamo andati al Carrefour per la seconda cena del viaggio e qualche porcheria. Una vera porcheria sembrava essere la pasta pronta nelle bustine di plastica, che avevo già visto anche a Dublino. Stavolta c’erano le orecchiette in busta. Brrr. Però ho comprato la mimolette, un formaggio arancione francese che sembra una caciotta con l’ittero e viene prodotta anche in Belgio. E’ molto buona, anche se è veramente tanto arancione e puzza di piedi.

Diario di viaggio Bruxelles e Bruges: 12 maggio 2014, lunedì
Gli obiettivi dell’ultimo giorno del viaggio in Belgio, possibilmente da concludere prima di pranzo, erano:
- fare il check-out entro un’orario accettabile
- mollare i bagagli allla reception per poi darsi alla fuga
- fare colazione
all’Aksum Coffee House - comprare il cioccolato e gli speculoos al supermercato come souvenir
- trovare e fotografare il Manneken Pis
- visitare la chiesa di Notre Dame du Sablon
- visitare la Grand Place, la piazza più famosa di Bruxelles
- visitare l’Hard Rock Cafè di Bruxelles e comprare una spilla per la mia collezione
Come detto precedentemente, la caffetteria africana era chiusa e dopo il check-out abbiamo fatto colazione con due maialosissime brioches al cioccolato acquistate al solito Carrefour. Abbiamo comprato anche del cioccolato alla modica cifra di un euro a barretta, e una confezione famiglia di speculoos alla folle cifra di un euro e venti.
Gli speculoos (o speculaas) non sono una brutta parola, ma dei biscotti alla cannella tipici del Belgio e dei Paesi Bassi. Sono una vera bontà, tanto che esiste anche la crema spalmabile a base di speculoos e dei dessert a tema.
Dopo averli assaggiati posso dire che sono effettivamente molto buoni, ma nulla che valga la pena di comprare a più di un euro e venti.

Manneken Pis: la (minuscola) celebrità di Bruxelles
Ora passiamo al Manneken Pis, il marmocchio che fa pipì conosciuto come una delle statue simbolo di Bruxelles. Quello era meglio non trovarlo.
Si tratta di un monumento di bronzo alto cinquanta centimetri che si trova nascosto nell’angolo di una strada, dietro un cancello, e non è altro che un minuscolo, stupido marmocchio che fa pipì. E tu dici ma non lo sapevi? Non l’avevi visto in foto?
Sì che l’avevo visto, ma non sapevo che fosse grande quanto un nano da giardino perché su Internet sembra più grande, e non sembra un cosino insignificante che si intravede a malapena nell’angolo di una strada. Invece fai chilometri e chilometri per vederlo e trovi ‘sto cosetto.
A saperlo facevo prima a fotografare la versione di cioccolata che ho visto in un negozio, che almeno è alta quanto me e dava soddisfazione!


Seconda tappa: la Chiesa di Notre Dame du Sablon, che miimmaginavo più grande, ma è molto carina. Mi scuso per la pessima foto, qui non avevo potenti mezzi fotografici e il brutto tempo non ha aiutato.
La Grand Place di Bruxelles
La Gland Place è un altro simbolo di Bruxelles, e nessun marmocchietto ci fa pipì. La piazza è patrimonio dell’umanità dell’UNESCO dal 1998 ed è considerata una delle piazze più belle d’Europa. Un viaggio in Belgio non è completo senza una visita a questa piazza.
Certo, nelle foto su Internet la Grand Place è decorata da un gigantesco tappeto di fiori colorati, che a contrasto col grigiore degli edifici fa decisamente un altro effetto, ma a noi non è sembrata chissà cosa. Mi sono piaciuti il Municipio con la sua Tour Inimitable e la Maison du Roi, un po’ meno le impalcature che coprivano interamente molti dei palazzi in fondo.

Quanto all’Hard Rock Cafè abbiamo trovato anche quello, visto che si trova proprio lì nella Grand Place. Il posto in sé è un po’ piccolino, ma rimane sempre fighissimo. Ho comprato una spilla meravigliosa!
Dopo tutto ‘sto giro di Peppe giustamente ci è venuta fame, e volevamo assaggiare almeno un piatto belga prima di tornare in Italia. Le crêpes al pollo della Mini-Europe sarebbero francesi, sai com’è…
Mi ero segnata un ristorantino tanto carino che serviva specialità del posto e si trovava proprio lì, in una delle viette intorno alla Grand Place. Il nome già diceva tutto, perché si chiamava C’est Bon, C’est Belge. Avevo controllato il sito coi giorni di chiusura e il lunedì sembrava aperto. Ci siamo messi a girare tutte le viuzze della Grand Place, sotto la pioggia che ormai aveva deciso di non darci tregua, ma niente, non lo trovavamo. La via era vicina, ma secondo la mappa continuavamo a passarci davanti senza vederla.
Dopo buona mezz’ora di avanti e indietro abbiamo finalmente trovato la via, insieme ad una porticina minuscola di legno sul lato destro della strada, eccolo eccolo è quello! e… il ristorante era chiuso per lavori. Così ci siamo infilati in un posto che si chiamava Brasserie du Lombard e sembrava un pub. Era molto carino ed accogliente, offriva una bella selezione di birre alla spina e nel menù c’era uno dei piatti tipici che volevo assaggiare. Sto parlando di lui, lo stoofvlees! Detto anche carbonade à la flamande, è un morbido spezzatino di manzo cotto in un sughetto di pomodoro che si fa cuocere con l’aggiunta di birra, alloro e timo. La carne viene servita insieme ad un contorno di patatine fritte, quelle che in Belgio vengono fritte due volte.
Il sapore dello stoofvlees è abbastanza particolare, il sughetto è buono ma piuttosto dolciastro. E’ un sapore da provare, ma non credo che finirà nella lista dei miei piatti stranieri preferiti.

Dopo pranzo siamo tornati in hotel a recuperare i bagagli, abbiamo preso la metropolitana e la navetta e abbiamo raggiunto l’aeroporto con largo anticipo, visto che avevamo il volo delle otto e mezza di sera.
Per perdere un po’ di tempo ci siamo buttati in un bar del terminal e ho tirato fuori i cioccolatini e i macaron che avevo acquistato nel negozio Neuhaus, vicino al Manneken Pis. Sai com’è,mi sono trovata da fare prima di cedere alla tentazione di prendere quel piscione a picconate. Neuhaus è una cioccolateria belga di una catena abbastanza famosa e una scatola da nove cioccolatini mi era costata 12 euro, era la più economica. Ma ne è valsa la pena: la cioccolata era da dieci e lode.
→ Leggi anche: 6 motivi per NON andare a Bruxelles
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I COMMENTI

Ciao, io sono Anna!
Sono una travel blogger di Roma, sul web con Profumo di Follia dal 2012. Organizzo viaggi in piena autonomia da sempre, soprattutto nel weekend e nelle capitali europee.
Ho una passione per la Finlandia che mi ha portata a studiare la lingua finlandese per un anno e mezzo e a progettare di esplorarla in lungo e largo.
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