Jumbotron

Diario di viaggio Londra e Parigi: una settimana tra le due capitali

16 Novembre 2015

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Sognavo di visitare Londra e Parigi in un unico viaggio da davvero tanto, tanto tempo. Non lo so perché. Sono due capitali così diverse, così amate dai turisti di tutto il mondo, e con così tanto da raccontare… E così, quando è capitato di avere quella settimana libera per un viaggio, non ci ho pensato due volte: Londra e Parigi, insieme, legate da un volo Easyjet e da qualche neurone non funzionante, che mi spingeva a visitare due città così grandi in così pochi giorni. Cinque a Londra e due a Parigi. E questo è ciò che troverai, in breve, in questo diario di viaggio Londra e Parigi

Io e Massimo (il mio compagno, ndA) non avevamo ancora mai visitato la capitale inglese, mentre a Parigi io ci ero già stata da giovine. Pensa: sono una di quegli strani e rari individui che può vantarsi di essersi trovata bene in Francia, pur non parlando manco mezza sillaba di francese. Manco eau so dire, e neanche oui. L’unica frase francese di senso compiuto che ho sentito nella mia vita è voulez-vous coucher avec moi, ce soir, ma me pare che sia un po’ sconcia. Quindi niente, ho voluto tentare la sorte per la seconda volta, ignorante come ‘na zappa. E – piccolo spoiler – mi sono trovata bene anche stavolta. E’ una specie di record, credo, ma tanto sto per raccontarti tutto nel dettaglio…

→ Leggi anche un po’ di impressioni sull’Irlanda: diario di viaggio Dublino

Diario di viaggio Londra e Parigi: l’arrivo a Londra

26 ottobre 2015, lunedì.

Come al solito ho avuto la brillante idea di prenotare il primo volo per Londra del giorno. Partenza alle 7.25 del mattino con Vueling, cioè sveglia alle quattro de mattina. 

In realtà volevo prendere il volo delle 13, ma ho aspettato troppo tempo per prenotarlo, e i prezzi si sono alzati a livelli che voi umani non potete neanche immaginare.

Di Vueling devo dire due cose.

Primo: la app non mi è servita a una mazza perché non mi accettava il numero della carta d’identità, e non ci ho potuto fare il tanto decantato check-in online.

Secondo: in compenso la loro assistenza su Twitter è stata velocissima.

L’arrivo a Londra è stato un po’ traumatico per via dell’impatto con l’accento inglese. Mentre aspettavamo il pullman che ci avrebbe portati da Londra Gatwick alla stazione Victoria, della compagnia National Express, una signora inglese si è avvicinata e ha iniziato a farmi una raffica di domande riguardo ai servizi dell’aeroporto. Io ne capivo più o meno una su tre, di domanda, poi ammucchiavo una risposta plausibile e quella ripartiva in quarta.

Poi siamo saliti sul pullman e ci hanno fatto allacciare le cinture prima di partire.

Chandler Bing scioccato dalla notizia

Alla stazione di Victoria abbiamo comprato le Oyster card per utilizzare i mezzi pubblici londinesi, e con quella abbiamo preso la metropolitana fino all’hotel.

L’hotel si chiama The Gateway e si trova in zona Clapham Common, una zona a sud-ovest di Londra. L’ho scelto perché le recensioni erano positive, perché cercavamo un hotel più simile possibile alle guest house vicino a qualche fermata della metropolitana, e perché da qualche parte avevo letto che c’era la possibilità di fare una colazione tipica inglese.

Purtroppo in quell’hotel non ci è andata benissimo.

La vicinanza alla metropolitana c’era, perché la fermata Clapham South distava cento metri, ma il resto lasciava a desiderare.

I problemi sono iniziati subito: appena entrati nella stanza abbiamo notato che la luce del bagno non funzionava, e c’era una bella scala piazzata al centro della stanza. Ma quello può succedere, per carità.

Durante la prenotazione avevo chiesto una stanza ad un piano alto, magari una di quelle ampie e luminose stanze che vedevo pubblicizzate su Booking, perché no! Già. E ci siamo ritrovati in un seminterrato con la moquette a macchie e un dito di polvere sui mobili.

La cosa dei piani alti può succedere, magari non avevano posto. Le pulizie però, mannaggia a loro, potevano pure farle. Lì il pensiero è stato “mannaggia a voi e alle recensioni positive, ora vi do fuoco e poi scrivo che è stato un incidente. Tanto con tutta ‘sta polvere è un attimo“.

Ho chiesto informazioni per avere la colazione in hotel, e la risposta della receptionist è stata “puoi andare farla nel locale di fronte, perché noi qui diamo solo merendine“. Alla faccia della colazione tipica inglese!

L’unica comodità dell’hotel, insomma, era la vicinanza alla metropolitana e a vari ristoranti e pub, tra i quali un Burger King. Infatti quel giorno abbiamo lasciato i bagagli in camera e abbiamo pranzato lì. In quella stanza volevo rimanerci il meno possibile.

Per smaltire la botta di carboidrati siamo andati a prendere la metropolitana in direzione del Big Ben o, come lo chiamo io, il Grande Ben. Ho iniziato a chiamarlo così appena ho scoperto che Ben era il nome del tizio che l’ha costruito, il Big Ben, e che lo chiamiamo tutti così a caso, a simpatia. Il vero nome del Big Ben, infatti, è Elizabeth Tower.

Un viaggio a Londra non è completo senza aver conosciuto il Grande Ben, dai.

Me lo sono trovata davanti uscendo dalla fermata Westminster, e ho quasi avuto un mancamento. Il Big Ben è gigantesco, fa davvero impressione trovarselo davanti!

Diario di viaggio Londra e Parigi: il primo incontro col Big Ben

Abbiamo raggiunto Westminster Abbey e poi il St. James’s Park e Buckingham Palace, la casona della regina e famiglia. La casona è molto graziosa, devo dire. 

Al St. James’s Park ho iniziato a strillare come una ragazzina di due anni, perché c’erano gli scoiattoli. Scoiattoli grigi, grossi come il mio gatto e con la coda morbidosissima, che saltellavano da tutte le parti e venivano a cercare il cibo dai turisti. Uno è anche salito sul ginocchio di Massimo, poi ha capito che in mano c’era solo una foglia e se n’è andato facendo il gesto dell’ombrello.

Uno scioiattolo nel St. James' Park di Londra
Buckingham Palace a Londra

E poi che fai, una puntatina all’Hard Rock Cafè di Londra non ce la fai? Ma certo che ce la fai! E quindi mi sono comprata pure la prima spilla dell’Hard Rock Cafè londinese; poi, stanchi morti, abbiamo preso la metropolitana in direzione dell’hotel.

La nostra prima cena a Londra è stata molto romantica: una scatola di pasta fredda del supermercato condita con basilico, pollo e mais, che sapeva di cartone. E l’abbiamo mangiata piazzati sotto al lampadario della nostra camera, sì quello con un dito di polvere sopra, guardando Tom Hiddleston ospite al programma Top Gear. 

Diario di viaggio Londra e Parigi: Common Room, la lite al museo e il giro a Covent Garden

Londra 27 ottobre 2015, martedì.

Per caso ho già detto che la mia camera d’hotel a Londra era zozza, mezza rotta e che non avevamo la colazione tanto desiderata? Sì?

Allora aggiungo che quella mattina mi sono alzata dopo Massimo e che lui, con molta calma, tornando dal bagno mi ha detto la seguente frase:

“Oh amo’, fai attenzione perché la doccia non scarica bene l’acqua.”

Sguardo di una donna innervosita

Per fortuna almeno il Common Room, il localino di fronte all’albergo che ci avevano consigliato per fare colazione, si è rivelato una buona scelta. Piccolissimo, colorato, col menù scritto sulla lavagna e tre meravigliose lanterne turche, appese in un angolo, che mi hanno letteralmente mandato in pappa il cervello. Offre cappuccini decenti, spremute d’arancia appena fatte e soprattutto vari tipi di colazioni, tra i quali due versioni di quella inglese: quella normale, e quella large per i wannabe Peppa Pig.

L’obiettivo principale della giornata era il Natural History Museum, il museo delle scienze naturali di Londra.

L’entrata del museo è gratuita, e gli interni con lo scheletro del diplodoco al centro del percorso (per gli amici Dippy, e non me lo sono inventata io) mi avevano affascinata. Era entrato da subito nella lista dei posti da visitare a Londra.

La fila per entrare al museo iniziava già uscendo dalla fermata South Kensington della metropolitana, ma siamo riusciti ad entrare dopo poco tempo, senza nessuno che spintonasse o passasse avanti, ah che meraviglia i Paesi civili. Poi siamo entrati e, cavolo, ‘sto Natural History Museum dentro è davvero bello.

Diario di viaggio Londra e Parigi. L'ingresso al Natural History Museum di Londra

Il percorso prevede che si entri in un corridoio a serpente che gira intorno a Dippy e lì, al contrario della fila che fai fuori, ci metti davvero una vita per fare pochi metri. Oddio, non so se noi ci abbiamo messo tanto perché è così sempre, o perché c’avevamo un’esaurita davanti che ad un certo punto ci ha fatto pure girare i cosiddetti.

Rapido identikit della tipa:

  • mora
  • età stimata: 25-27 anni
  • nazionalità stimata: inglese con partner italiano della peggior specie (dopo capirai perché)
  • madre di due marmocchi esagitati di età stimata fra i quattro e i sei anni, e di un terzo più piccolo sistemato sulla pancia tramite porta bebè
  • proprietaria di uno smartphone perennemente incollato alla mano destra

La genia aveva portato le sue due furie e mezza in un maledetto museo, all’interno di una maledetta fila intorno a un maledetto scheletro di dinosauro, e invece di tenerli per la collottola e/o fargli vedere o commentare il dinosauro, teneva incollata la faccia al suo maledetto smartphone, rallentando la gente in fila dietro a lei (cioè me, Massimo, un altro migliaio di persone). I due pargoli nel frattempo pascolavano indisturbati, saltellando da una parte all’altra della fila, pestando i piedi e spintonando. Lei, ogni tanto, si ricordava di aver messo al mondo dei figli limitandosi ad un Santinou! Lorenzou! proprio con la u di chi si sente figo a chiamare il proprio figlio con un nome straniero che non sa nemmeno pronunciare. E già questo basterebbe per odiarla profondamente, però no, questo è solo l’inizio, la premessa.

Lei, il suo maledetto smartphone e i suoi maledetti microumani sono arrivati davanti al dinosauro, dove la fila faceva una curva, e sono praticamente usciti dalla fila. I marmocchi si sono messi a fare casino davanti al dinosauro, e lei s’è messa da una parte a telefonare a qualcuno.

Cosa fa una persona che vede ‘sta scena? Li scansa e prosegue nella fila e con la sua vita, sperando di toglierseli tutti e quattro dalle scatole. A lei invece, all’esaurita, questo gesto non è piaciuto, ed è partita di testa. Ha afferrato me per una spalla, strattonandomi, poi ha afferrato Massimo e ha strillato “YOU’RE WALKING IN FRONT OF ME! F*CK!” (tradotto: mi stai passando avanti! C*zzo!).

Io e Massimo ci siamo guardati perplessi, come si fa in genere coi casi umani di questo tipo. Ma lei, piazzatasi di nuovo in fila avanti a noi, ha continuato a inveirci contro ripetendo a nastro: “C*ZZO! V*FF*NC*LO!“.

In italiano.

Roba da matti.

Taylor Swift scioccata
E ha continuato ad imprecare per un quarto d’ora con questa esatta espressione

Tornando al museo, oltre agli scheletri dei dinosauri e ad un tirannosauro animatronico – che mi ha fatto perdere dieci anni di vita in un colpo solo – abbiamo visitato le sale blu, verde e rossa.

La sala blu del Natural History Museum è dedicata ai rettili e ai mammiferi e al suo interno abbiamo trovato le ricostruzioni di molti mammiferi terrestri e acquatici, tra cui quella di una gigantesca megattera, purtroppo coperta da impalcature.

La sala rossa invece è dedicata ai terremoti: al suo interno trovi l’unico fossile di stegosauro rimasto intero.

Dopo abbiamo visitato la sala verde che è una sala dedicata agli insetti, e quella l’ho girata molto molto velocemente perché c’erano le riproduzioni giganti di molti insetti, che mi fanno molta impressione già a dimensioni normali, figurati.

La visita è proseguita in un’area del museo dedicata alla struttura del corpo umano e agli esperimenti coi cinque sensi. La parte che ci è piaciuta di più è stata senza dubbio quella degli specchi deformanti. Io e Massimo ci divertiamo con poco.

La testa di un tirannosauro al Natural History Museum di Londra
Farfalla e bruchi giganti nella sala verde del museo a Londra

Uscendo dal museo abbiamo trovato la fermata della metropolitana di South Kensington chiusa, e così ci siamo avviati a piedi alla fermata più vicina, che onestamente non ricordo quale fosse (forse Knightsbridge), per raggiungere il secondo obiettivo della giornata: Covent Garden.

I motivi per cui volevo vedere Covent Garden erano due: il mercatino e gli artisti di strada. Se n’è aggiunto un terzo, ovvero pranzare. Anche perché erano già le quattro del pomeriggio, e a una certa, sai com’è…

Il mercatino di Covent Garden c’era, anche se saranno state dieci bancarelle in tutto. Di artista di strada purtroppo ne ho visto solo uno, un signore che cantava l’opera lirica tra i tavoli di un ristorante, in completo giacca e cravatta. Bravissimo.

Diario di viaggio Londra e Parigi: Covent Garden

Quanto al pranzo, dopo aver visto un paio di prezzi assurdi – in particolare quelli del ristorante italiano di Jamie Oliver -ci siamo infilati in un minuscolo fast food, Battersea Pie Station. Il nome non ti sarà nuovo, visto che ne ho parlato nel post su come risparmiare a Londra.

Battersea Pie Station è (… era, perché nel frattempo ha chiuso!) un fast food che serve le british pie, delle deliziose torte rustiche inglesi ripiene di carne. Una pie costava intorno alle cinque sterline, e ne abbiamo prese due: per me quella con pollo e funghi, per Massimo quella con manzo e cipolle. Erano davvero ottime. Non ho capito cos’era la salsa rossa che ci hanno dato da metterci sopra, però era buona e mi basta.

Abbiamo scattato qualche altra foto a Covent Garden e poi siamo tornati in albergo, a riposare un po’.

Covent Garden a Londra

Per la cena abbiamo deciso di provare un pub nella nostra zona trovato su Tripadvisor: The Devonshire.

Premessa doverosa: io con l’inglese me la cavo abbastanza bene, ma i nomi dei cibi non riescono proprio ad entrarmi in testa e ne confondo diversi. Dopo un quarto d’ora passato a fissare il menù, dunque, ho ordinato l’unico piatto che credevo d’aver capito e che iniziava con British burger with potatoes. Mi aspettavo un hamburger di carne con un contorno e invece m’è arrivato il paninazzo. Giustamente. Scema me.

Diario di viaggio Londra e Parigi: le meraviglie di Camden Town e Piccadilly Circus

Londra, 28 ottobre 2015, mercoledì.

Per il terzo giorno del viaggio a Londra e Parigi avevo programmato di andare a visitare Greenwich col battello, ma le previsioni del tempo davano “AHAHAHAH, NO” e quindi lo abbiamo sostituito con un bel giro a Camden Town.

C’è bisogno di aggiungere che quel giorno non abbiamo visto nemmeno una goccia di pioggia?

No, vero?

Prima, però, una seconda e deliziosa colazione al Common Room: per Massimo una full English breakfast (composta da salsiccia, bacon, uova, fagioli, pane tostato al burro e due strani triangolini fritti) alla modica cifra di sei sterline; io, invece, ho preferito una spremuta e un bagel con salmone affumicato e formaggio spalmabile, pagato tre sterline e mezza.

Diario di viaggio Londra e Parigi: la full English breakfast

Per raggiungere Camden Town abbiamo preso un’unica linea di metropolitana: la Northern in direzione High Barnet.

Su questa parte di Londra c’è poco da dire, se non che Camden Town è fighissima. E’ famosa per il suo gigantesco mercato composto da un mercato principale, il Camden Lock Market, e da altri cinque più piccoli che si sviluppano tutti intorno (io non sono riuscita a distinguerli uno dall’altro).

I mercati vendono principalmente abbigliamento e oggetti alternativi e vintage, ma anche souvenir. Sono collegati tra loro da gallerie e ponti, e c’è un’intera zona dedicata allo street food proveniente da tutto il mondo, a prezzi variabili.

Camden Town forse è la zona che reputo più “Londra” di tutte, quella che mi viene subito in mente se penso all’anima di questa enorme città. Più del Big Ben e di Buckingham Palace, e del bacon a colazione.

Ecco qualche foto:

Diario di viaggio Londra e Parigi: Camden Town

Per strada abbiamo incrociato questo artista di strada che, che te lo dico a fa’, mi ha subito rapito il cuore. Il tizio fa parte di un gruppo di artisti di strada che si esibisce in tutta Londra. Sono tutti vestiti da personaggi di Alice In Wonderland, e si chiamano Sababa Entertainers. Sono meravigliosi!

Cappellaio matto a Camden Town, Londra

Anche l’area street food di Camden Town devo dire che ci ha dato gran belle soddisfazioni!

Camden Town: folla di turisti nell'area food
Area food di Camden Town a Londra: cottura dei wurstel sulla griglia

Dopo la visita a Camden Town abbiamo saltato il pranzo, essendo ancora sazi dalla colazione, e ci siamo diretti nel parco più bello che abbiamo visitato a Londra: Regent’s Park. E’ un parco enorme che secondo me in autunno è al massimo della sua bellezza, con gli scoiattoli e le foglie degli alberi di colore rosso e arancio. Era davvero bellissimo.

Inutile dire che ho fatto una tonnellata di foto.

Gli alberi con le foglie arancioni di Regent's Park a Londra
Scoiattolo a Regent's Park, Londra

Attraversato Regent’s Park abbiamo raggiunto la fermata della metropolitana Baker Street per arrivare a visitare l’ultimo obiettivo della giornata; Piccadilly Circus. Che però ci è sembrata semplicemente una delle tante piazze di Londra, niente di speciale.

Diario di viaggio Londra e Parigi: fermata della metropolitana a Piccadilly Circus

Diario di viaggio Londra e Parigi: Tower Bridge e il giro a Greenwich

Londra, 29 ottobre 2015, giovedì.

Abbiamo mangiato la nostra ultima colazione nel nostro adorato Common Room di Londra, osservando i nuvoloni carichi di pioggia avvicinarsi alla città. Il giorno prima avevo rimandato il battello per il meridiano di Greenwich, perché le previsioni davano pioggia tutto il giorno, ma a quel punto mi ero resa conto che sperare in una bella giornata di sole per andare a Greenwich, in un posto come l’Inghilterra, era inutile. A quel punto a Greenwich ci sarei andata pure in canoa.

Abbiamo preso la metropolitana in direzione del Tower Bridge, sia per vedere il famoso ponte londinese sul Tamigi, sia perché lì vicino c’era uno dei punti di racconta del battello che avevo scelto per la crociera che ci avrebbe portati al meridiano di Greenwich via fiume. Ma a quel punto ha iniziato a piovere, e si era alzato pure un bel venticello freddo. Abbiamo lasciato stare l’idea della crociera, e ci siamo gustati il Tower Bridge come si deve.

Sapevi che il Tower Bridge è lì dal 1894, e che in cima alla torre nord c’è una mostra dedicata alla sua costruzione?

Diario di viaggio Londra e Parigi: il Tower Bridge sotto al cielo grigio

Il ponte mi è piaciuto moltissimo, forse perché nell’immaginario collettivo è uno dei posti che più rappresenta Londra. Salirci sopra fa davvero uno strano effetto.

Solo una cosa mi ha lasciata un po’ perplessa, una cosa che sicuramente rende questa città originale e moderna, ma che faccio fatica ad apprezzare fino in fondo. Salire su un ponte del 1894, girarsi e trovarsi davanti agli stravaganti grattacieli della City, come lo Shard.

I grattacieli della City di Londra sul Tamigi

Ora, parliamo del meridiano di Greenwich, che prende il nome dall’omonimo distretto di Londra.

La nostra prima tappa infatti non è stata il punto in cui è segnato il passaggio sul meridiano, ma proprio… Greenwich. Nello specifico il Cutty Sark. Si tratta di un veliero risalente al XIX secolo che trasportava il tè tra Gran Bretagna e Cina, e che ti trovi davanti appena arrivi.

La nave Cutty Sark a Greenwich

Passeggiando abbiamo fatto tappa al meraviglioso Greenwich Market, un minuscolo e paradisiaco mercatino del vintage, pieno zeppo di ceramiche decorate da stemmi reali, scatole e latte con la bandiera inglese o foto della famiglia reale, tazzine in autentica porcellana inglese.

Dopo esserci riempiti gli occhi siamo andati a riempirci pure la pancia, ordinando il nostro primo fish&chips nel vicino pub The Coach and Horses.

Il paradiso delle tazzine in ceramica inglese al Greenwich Market
Latte, lattine, scatole e scatoline al Greenwich Market
Il fish&chips nel pub di Greenwich

A Greenwich c’è anche il National Maritime Museum, un museo ad ingresso gratuito che ripercorre la storia navale della Gran Bretagna. Ci siamo fatti un giro anche lì dentro. E’ un museo davvero interessante anche per chi, come me non sa nulla di nautica!

Diario di viaggio Londra e Parigi: l'ingresso del National Maritime Museum
Poppa di una nave esposta al National Maritime Museum di Greenwich

Il Royal Observatory, l’osservatorio dedicato al meridiano di Greenwich dove si può vedere la linea del meridiano, era la nostra ultima tappa. Si trova in cima ad una collina del Greenwich Park, uno dei parchi più grandi di Londra.

Per salire all’osservatorio ci sono due stradine, una più ripida e veloce da cinque minuti (c’è proprio un cartello con su scritto che ci metti cinque minuti, però non ti dicono che rischi l’infarto per la fatica… ) e una meno faticosa, ma più lunga, adatta anche a bambini e disabili.

Quando arrivi su c’è una scalinata e una terrazza che permette, col bel tempo, di godersi una bella vista sulla città. Quel giorno purtroppo c’era un bel po’ foschia, e quindi niente panorama da cartolina.

L'osservatorio di Greenwich a Londra

Te lo dico subito e a strappo: l’osservatorio di Greenwich per noi è stata una delusione. Il motivo principale è uno: per vedere il punto esatto in cui passa il meridiano di Greenwich bisogna entrare nel cortile dell’osservatorio, pagando sei sterline a testa, e la mostra all’interno dell’edificio dedicata all’astronomia è un po’ noiosa.

Volevo vedere anche il planetario, ma a quell’ora non accettavano più visitatori.

Quando siamo arrivati, finalmente, nel cortile del meridiano di Greenwich ho dovuto aspettare che un branco di turisti asiatici impazziti finisse di instagrammarsi in tutte le pose possibili sopra alla riga del meridiano. Dopo mezz’ora erano ancora lì a farsi il book fotografico. Là ho perso la pazienza, ho scattato una foto velocemente e me ne sono andata. Sono riuscita a portarmi a casa solo lo scatto del meridiano preso di striscio. L’unica consolazione è che, tra una chiappa asiatica e un selfie, sono riuscita a intercettare il punto con le coordinate geografiche della mia città, Roma.

Se tornassi indietro probabilmente ci tornerei lo stesso, però per me rimane un po’ una sòla.

La linea del meridiano di Greenwich con le coordinate di diverse città del mondo, inclusa Roma

Anche la nostra ultima cena inglese è stata a base di porcherie acquistate al supermercato.

Poi abbiamo preparato le valigie, perché il giorno ci aspettava la Francia. Stavamo per andare a Parigi!

Diario di viaggio Londra e Parigi: l’arrivo nella Ville Lumière

Londra, 30 ottobre 2015, venerdì.

Per spostarci da Londra a Parigi avevo scelto apposta il volo Easyjet delle tredici, per stare comodi con gli orari del check-out, gli orari dei collegamenti con le metropolitane e gli autobus, ma c’è poco da dire sulla nostra mattinata “libera”.Ci siamo svegliati alle nove, abbiamo lasciato le chiavi della camera londinese, abbiamo preso la metropolitana fino alla fermata della stazione Victoria e poi il pullman fino a Londra Gatwick della National Express, lo stesso che avevamo preso all’andata.

Nella prima parte del viaggio mi sono dimenticata di dirti un piccolo particolare: il pullman ci mette un’ora e mezza ad arrivare a Gatwick. Gioia e gaudio.

Non sono sicura che tutti i bus londinesi ci mettano così tanto ad arrivare in aeroporto, anzi, in realtà spero che i bus non ci mettano davvero così tanto. Se conosci delle buone alternative per arrivare coi mezzi pubblici dal centro di Londra all’aeroporto di Gatwick, lasciami un commento qui sotto. Magari può tornare utile a qualcuno.

Mi soffermo un momento sul volo per Parigi per dire che ne ho combinata una delle mie. Uno degli assistenti di volo, infatti, mi sembrava una faccia conosciuta.

Siccome sono doppiamente idiota, ho chiesto proprio alla faccia conosciuta la disponibilità di un certo panino per pranzo. Lui mi ha gentilmente ricordato che il volo durava solo un’ora, e che i panini non erano nel menù a disposizione dei passeggeri. Il tizio m’ha lanciato un’occhiataccia, e lì ho capito che avevo ragione: quello lì mi dava ripetizioni alle superiori. Quello sguardo lì, lo sguardo da “ma sei scema o ce fai?“, insieme al sorrisino da “porella, me fai tanta tenerezza“, me lo faceva sempre quando non capivo una mazza di matematica e di fisica.

Mi avrà riconosciuta?

Purtroppo mi sono dovuta tenere il dubbio, perché non sono riuscita a incrociarlo per tutto il resto del volo, e neanche al nostro arrivo a Parigi. Che sfiga…

A Parigi, comunque, ci aspettava l’hotel Ibis Montmartre 18eme, un albergo fantastico che si trova nell’omonimo quartiere parigino. Lo avevo scelto per il prezzo relativamente basso, considerando che ero a Parigi in una zona abbastanza conosciuta e a pochi passi dal Moulin Rouge, e considerando che avevo prenotato durante il weekend con la cancellazione gratuita.

L’unico problemino è che in quella zona le strade sono piene di sexy shop, ma famo finta che non t’ho detto niente.

Abbiamo trascorso la serata a passeggiare per Montmartre, che col buio è uno spettacolo, cenando con una enorme crêpe salata presa nel chioschetto all’angolo. Nella mia c’era pollo, maionese, uovo ed erbe aromatiche. Esplodo solo a ricordarmela.

Diario di viaggio Londra e Parigi, il Moulin Rouge di notte a Parigi

Diario di viaggio Londra e Parigi: la visita alla Tour Eiffel

Parigi, 31 ottobre 2015, sabato.

La prima cosa che contavo di fare durante il mio secondo viaggio a Parigi era salire sulla Tour Eiffel, cosa che non ero riuscita a fare la volta prima. E questa è stata proprio la primissima cosa che volevo fare nella capitale francese.

Sono sincera, in questo viaggio Parigi è riuscita ad emozionarmi più di quanto abbia fatto Londra. Brava Parigi, bra’!

Quella mattina abbiamo preso l’autobus che dall’hotel ci portava direttamente ai Jardins du Trocadéro, una terrazza di fronte alla Tour Eiffel che permette di ammirarla in tutto il suo splendore. Qualche foto e poi a piedi verso la Senna e la torre.

La cosa più bella è stata sentire Massimo dire che la Tour Eiffel era più bella e imponente di quanto sembrasse in foto. Anche a me la prima volta aveva fatto lo stesso effetto!

La vista sulla Tour Eiffel da Jardin du Trocadero

Salire sulla Tour Eiffel è stato più semplice di quanto pensassi. Sì, la fila è lunghissima e appena la vedi ti strapperesti i capelli, specialmente se scegli di salire in ascensore, però scorre piuttosto velocemente. Puoi salire anche a piedi, ma io credo che sarei morta più o meno a metà della salita.

Noi siamo saliti in cima nel giro di tre quarti d’ora, compresi i controlli di sicurezza. Sembra tanto, ma per la fila che c’era t’assicuro che non lo è. C’era veramente tanta, tanta gente!

La Tour Eiffel può essere visitata al secondo e al terzo piano, che è quello più in alto. Il biglietto per salire in ascensore fino al secondo piano costava 11 euro a testa, e quello per il terzo 17 euro. Li ho comprati direttamente lì, nella biglietteria sotto alla torre, ma si trovano anche in rete. Per esempio sul sito italiano della Tour Eiffel.

Diario di viaggio Londra e Parigi: la vista della Tour Eiffel da sotto

Comunque, anche in fila per salire sulla Tour Eiffel ci siamo guadagnati il caso umano del giorno, anzi, i quattro casi umani. Quattro americani in fila davanti a noi, di età media cinquant’anni, che hanno passato tutto il tempo a:

  • farsi i selfie
  • farsi i selfie con tutti e tre gli altri angoli della Tour Eiffel
  • farsi i selfie verso l’alto con le capocce sopra al telefono che fanno ciaaoone, noi siamo sotto la Tour Eiffel e ce la ridiamo tantiiiissimooo!
  • farsi i selfie con la fila alle spalle e la faccia da ommioddio, in Francia si fa la fiiiilaaa!
  • cacciare il tizio di colore che vendeva i bastoni per i selfie, e che aveva l’intero braccio pieno di Tour Eiffel di metallo che facevano din din ad ogni maledetto passo
  • richiamare il tizio di colore delle Tour Eiffel di metallo che facevano din din, e comprare il bastone per fare i selfie
  • farsi i selfie col bastone per fare i selfie
  • richiamare ancora il tizio delle Tour Eiffel di metallo che facevano din din, e comprare pure la Tour Eiffel di metallo che fa din din (e che io ho comprato a metà prezzo e più grande il giorno dopo, in un negozietto a Montmartre)

Tornando alla Tour Eiffel: vale la pena di fare la fila e spendere 17 euro per salire fino in cima?

ASSOLUTAMENTE SI’!

La vista dalla Tour Eiffel è davvero mozzafiato, ed è un’esperienza che secondo me bisogna fare almeno una volta nella vita. Al terzo piano c’è una zona coperta con una piccola galleria fotografica dell’appartamento di Gustave Eiffel e dei suoi ospiti dell’epoca, e c’è anche un microscopico bar che offre, anzi vende, champagne alle coppie più romantiche.

Il panorama dalla Tour Eiffel

La nostra visita alla Tour Eiffel è terminata alle tre passate, e non avevamo ancora pranzato.

Passeggiando lungo i Champs de Mars, però, ci siamo imbattuti nel banchetto di una ragazza che vendeva crêpe. Non c’abbiamo pensato più di due secondi a prenderne una.

Sugli Champs de Mars mi ricordo di esserci stata coi miei la prima volta che sono stata a Parigi. Anche quella volta mangiammo delle crêpe dolci seduti su una panchina. Potrei dire che questo è diventato uno dei miei posti preferiti di Parigi.

Diario di viaggio Londra e Parigi. Vista sulla Tour Eiffel da Champs de Mars

Dopo esserci sfondati di crêpe, ci siamo fatti una passeggiata fino alla metropolitana più vicina per arrivare agli Champs Elysée. Siamo scesi alla fermata Roosevelt, e vorrei dire che il percorso era pianificato ma no, in realtà siamo andati un po’ a caso, e beccare la fermata giusta della metropolitana è stata solo una gran botta di… fortuna. Ho detto fortuna.

Ero convinta che ci fosse pure un Hard Rock Cafè da quelle parti, ma non l’ho trovato.

Gli Champs Elysée al tramonto
L'Arco di trionfo di Parigi al tramonto

Per cena volevamo mangiare in qualche bistrot della zona Pigalle, e ne avevo selezionati alcuni con la app di TripAdvisor. Il primo in classifica tra quelli che avevo scelto era un bistrot un po’ anonimo, che si trovava proprio di fronte al nostro hotel. Ci siamo fidati, siamo andati e… ci siamo trovati benissimo!

Il locale si chiama Au Pere Rousseau e quella sera, oltre a noi, c’era solo un’altra famiglia di quattro persone. L’oste (si chiamerà cosi? Boh) non parlava molto bene l’inglese, ma ci ha accolti con simpatia e gentilezza. Tra gesti e parole mezzi italiani, mezzi francesi e mezzi inglesi ci siamo capiti alla perfezione. Per farti capire, immagina la seguente scena: ci sono io che non so che cavolo scegliere dal menù scritto col gessetto su una lavagna, e il proprietario del ristorante che mi indica la voce bœuf bourguignon (manzo alla borgognona) prima facendo la faccia di uno che mangia qualcosa ed è molto soddisfatto, e poi indicando il piatto della signora del tavolo vicino, chiedendole un parere. Ho scelto quel piatto, e ammazza se era buono!

Abbiamo preso pure il dolce, una mousse al cioccolato. Il proprietario, per dirci che sopra ci avrebbe messo la panna montata, non ti dico che m’ha combinato. Mi sono divertita tantissimo.

Solo una cosa non mi è chiara: che cavolo ci fanno i francesi col pane e il burro? Ti imbottisci di pane come i pesci rossi? O il burro ha un altro scopo? Se lo sai lasciami un commento e levami ‘sto dubbio, ti prego. Salvami dalle figuracce in Francia!

Diario di viaggio Londra e Parigi: ultimo giorno

Parigi 1 novembre 2015, domenica.

Per colazione abbiamo preso due eclair au chocolat in una pasticceria presa a caso, che poi ho scoperto essere la caffetteria del film “Il favoloso mondo di Amélie”, il Café Les Deux Moulins.

Un morso all'eclair au chocolat preso nella caffetteria Café Les Deux Moulins

La maggior parte dei musei francesi ha l’ingresso gratuito la prima domenica di ogni mese. Volevamo approfittarne per andare al Louvre, ma avevamo il volo di rientro a Roma nel pomeriggio, e non ce la siamo sentita di fare una fila lunghissima per entrare in un museo davvero gigantesco come il Louvre.

Il piano B era la Cattedrale di Notre-Dame di Parigi.

Abbiamo preso la metropolitana fino a Saint-Michel e poi abbiamo proseguito a piedi lungo la Senna. Sui lati del fiume c’erano delle graziose bancarelle di cartoline, mappe e stampe di Parigi dall’effetto vintage. Non so come cavolo ho fatto a non comprare TUTTO.

Mappe e cartine vintage in vendita lungo la Senna

Per entrare a Notre-Dame, purtroppo, c’era una fila davvero assurda, e abbiamo lasciato perdere quasi subito per via del nostro volo imminente. Abbiamo ammirato la chiesa da fuori, girandoci intorno, e questo non ha impedito a due ragazze di fermarci per raccogliere finte firme per aiutare i disabili. Non si sa bene come, sono riuscite a sfilarci venti euro a testa senza che ci rendessimo pienamente conto di quello che stavamo facendo. A Massimo ancora girano le scatole, se gli chiedi cosa ha fatto a Notre-Dame ti dà una capocciata in mezzo agli occhi.

Comunque, rimane il fatto che Notre-Dame è spettacolare.

Notre-Dame accanto alla Senna a Parigi

A quel punto dovevamo solo passare in hotel a ritirare i bagagli lasciati in deposito. Prima, però, una botta da matti: si va a vedere la Basilica del Sacro Cuore, a Montmartre!

Per salire sulla collina bisogna spararsi un bel po’ di scalini, mi dicono 300 e io ci credo, che sono 300. Perché me li ricordo tutti, uno a uno. Però che vista, ragazzi.

E questo è stato il saluto più bello che potesse darmi Parigi.

La Basilica del Sacro Cuore a Montmartre

Prima di lasciarti ti invito a dare un’occhiata al sito Vivi Londra: la scorsa settimana è uscito un loro post col mio contributo sulle cose da vedere a Parigi in un giorno, partendo dall’Inghilterra. Ti lascio il link se vuoi dare un’occhiata.

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Ciao io sono Anna

Ciao, io sono Anna!

Sono una travel blogger di Roma, sul web con Profumo di Follia dal 2012. Organizzo viaggi in piena autonomia da sempre, soprattutto nel weekend e nelle capitali europee.

Ho una passione per la Finlandia che mi ha portata a studiare la lingua finlandese per un anno e mezzo e a progettare di esplorarla in lungo e largo.

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