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Capodanno a Varsavia, lo specchio del passato e del futuro polacco

9 Gennaio 2017

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Visitare Varsavia in questo periodo dell’anno significa andare incontro al freddo e al vento dell’Europa Centrale, in una città dove gli edifici di impronta sovietica svettano prepotenti accanto ai grattacieli più moderni e ai musei più importanti del Paese. Ma trascorrere il Capodanno a Varsavia significa anche visitare mercatini natalizi suggestivi, riunirsi in piazza ad ammirare i fuochi d’artificio e farsi coccolare da un piatto di pierogi caldi da Zapiecek.

Questo è ciò che, in breve, troverai in questo racconto di viaggio.

Per non farci mancare nulla, però, ti parlerò anche della MIA Varsavia a Capodanno: di quella figuraccia che ho fatto in aeroporto e durante la prima cena polacca, ad esempio, o del cambio dei soldi e del primo impatto con una città tanto dura quanto accogliente. Varsavia, appunto.

→ Leggi anche: cosa portare in Polonia: bagaglio per Varsavia

→ Leggi anche: cosa vedere a Varsavia

Capodanno Varsavia: il primo giorno

Roma, 30 dicembre 2016, venerdì.

Massimo: “Amo’? Sei sicura che quel formaggio sia tutto tuo?”

Io: “Ma che ne so, quello m’ha mollato ‘sto piatto insieme alla zuppa…”

Massimo: “Amo’…”

Io: “… no, me sa che… me sa che non è tutto mio. Vado a rimetterlo a posto, sì. Mi sa che… ssssì. Vado.”

Cuoco: “…”

E’ iniziato così il nostro viaggio. E’ iniziato con un pranzo in un ristorante self-service nell’aeroporto di Fiumicino: io che ho ordinato una zuppa di ceci col parmigiano, il cuoco che mi ha piazzato davanti al muso un piatto con decine di scatolette di parmigiano, io che sul momento non c’ho pensato e me lo stavo portando al tavolo intero. Massimo m’ha sfottuto per due giorni di fila.

E poi te lo dicevo, no? nel mese in otto punti di dicembre: avrei di sicuro recuperato qualche figura di cacca durante ‘sto Capodanno a Varsavia. E pensa che manco ero partita!

Sul volo Wizz Air da Roma a Varsavia io e Massimo stavamo accanto ad una decina di italiani. Due di loro erano napoletani, non avevano mai volato e se la facevano sotto ad ogni movimento dell’aereo tirando fuori le migliori perle del dialetto campano. Ti lascio immaginare. C’era pure una signorotta, dietro di noi, che continuava a lamentarsi perché né il pilota, né gli assistenti di volo parlavano in italiano. Che strano, eh? Questo è un ottimo motivo per non fare mai l’assistente di volo.

Al nostro arrivo, Varsavia ci ha accolti con un freschetto niente male. C’erano zero gradi.

Io, insieme alla valigia e allo zainetto, sul groppone c’avevo pure un mezzo chiletto d’ansia. Il motivo? I soldi. Per la prima volta in vita mia ero arrivata in un Paese straniero senza aver cambiato i soldi in Italia.

Tutti mi avevano consigliato di cambiarli direttamente in Polonia e mi ero fidata, ma partire senza uno złoty in tasca, per me che soffro di pippe mentali feroci, è stata dura. Immaginavo sportelli bancomat solo in lingua polacca, commissioni altissime agli uffici di cambio, nessuno che accettava gli euro, io in lacrime che chiedevo spiccioli come i barboni. ‘Na tragedia.

Il primo bancomat invece lo abbiamo trovato direttamente all’interno del terminal arrivi dell’aeroporto di Varsavia, ed è andato tutto liscio come l’olio. L’unico problemino è che ho potuto prelevare solo 300 PLN (złoty) per volta, che equivalgono a circa… 68 euro. Questo piccolo dettaglio ha fatto passare il mio mezzo chiletto d’ansia ad ansia livello pro.

La nostra prima tappa è stata l’Hotel Mercure Warszawa Centrum. Si trova in centro, di fronte al Palazzo della Cultura e della Scienza (in polacco Pałac Kultury i Nauki ). Ho prenotato il nostro soggiorno lì per l’ottimo prezzo di 1012,50 złoty (circa 230 euro) per tre notti in camera doppia, con tariffa cancellabile, e la sua posizione centralissima. Ci siamo trovati veramente bene. La stanza era sempre pulita, e credo che manderò loro una e-mail per farmi dire marca e modello dei cuscini e dei materassi, per comprarli e metterli a casa mia. Erano fantastici, davvero. Ci ho dormito da Dio.

L’unica pecca è che la colazione non era compresa nel prezzo, ma non siamo certo rimasti a digiuno.

Capodanno a Varsavia: la nostra stanza d'hotel

Al Pałac Kultury i Nauki ci siamo arrivati col bus n°175, solo che il palazzo c’ha quattro facciate esattamente uguali e io non avevo segnato qual era la facciata di fronte all’hotel. C’abbiamo messo mezz’ora per arrivarci, con la valigia al seguito e un vento ghiacciato dritto in faccia. Eh vabbè.

Sulla strada per l’hotel, inoltre, ho notato altre due cose: la prima era che il Pałac Kultury i Nauki si illuminava di tutti i colori, e di fronte stavano preparando le luci per lo spettacolo di Capodanno; e poi la presenza di decine di grattacieli tutti intorno, più o meno alti e bizzarri, e di ben tre centri commerciali nel raggio di mezzo chilometro. Tre!

Capodanno a Varsavia: il palazzo della cultura e della scienza

Per cena eravamo troppo stanchi ed infreddoliti per cercare un ristorante, così abbiamo scelto il ristorante dell’hotel che si chiama Winestone. Lì ho dato spettacolo con la seconda figuraccia del giorno: sono andata alla cassa per ordinare i nostri piatti e pagare, ma non riuscivo a capire bene quello che diceva la tipa polacca e stavo facendo una figura a dir poco imbarazzante. Così, per fare la simpatica e tirarmi fuori dalla cacca, mi sono lanciata in una frase che voleva essere una battuta autoironica:

“I’m sorry. I’m a bit tired tonight and I’m Italian, I’m a bit slowly.”

Volevo chiederle di parlare lentamente. Invece le ho detto che io sono italiana e sono un po’ “lentamente”. Due applausi?

Comunque, la nostra cena è andata benissimo. Massimo s’è preso un piatto unico a base di involtini di manzo polacco, insalata in salamoia e gnocchetti di patate; io invece mi sono buttata sullo żurek, una zuppa tradizionale polacca a base di farina di segale acida, funghi, uova sode e carne di maiale.

Cena a Varsavia: involtini di manzo polacco con patate e contorno di verdure
Un piatto di zurek, la zuppa tipica polacca
Lo zurek

La zuppa era decisamente acida e sul menù c’era pure scritto, ma io no, io dovevo provarla lo stesso. Non m’è piaciuta per niente, non sono nemmeno riuscita a finirla! Massimo invece l’ha assaggiata e l’ha amata all’istante, e vuole trovare la ricetta per rifarsela a casa. Pazzo. Pazzo totale.

Per rifarci la bocca siamo usciti a cercare qualcosa di dolce, ma nelle vicinanze l’unico posto aperto era l’Hard Rock Café e c’era un po’ troppo casino, così ci siamo buttati in un minimarket stranamente aperto e abbiamo comprato dei biscotti.

Biscotti svedesi. Che si chiamano come me.

Biscotti al pan di zenzero e cappuccino Annas

Capodanno Varsavia, secondo giorno

Varsavia, 31 dicembre 2016, sabato.

La prima tappa della nostra prima vera giornata in Polonia era il Charlotte Bistro per fare un’ottima colazione a base di brioche, e poi il Museum Powstania Warszawskiego, per gli amici il Museo dell’Insurrezione Polacca.

Purtroppo al nostro arrivo il bistrot era pieno zeppo e non si entrava manco pregando, quindi siamo tornati indietro sulla via che si chiama Twarda in direzione di Rondo ONZ, che è il nome della fermata della metropolitana, sperando in un’altra caffetteria aperta.

Lungo la strada abbiamo incontrato una chiesa chiamata Kościół Wszystkich Świętych. Non provare a ripetere il nome ad alta voce, ché secondo me ti esce Satana dal computer. Il nome significa “la chiesa di Ognissanti” e si tratta di una chiesa cattolica romana che fu punto di riferimento per i polacchi del ghetto ebraico tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta. Fu gravemente danneggiata durante l’Insurrezione di Varsavia, e vicino all’ingresso c’è una targa in ricordo di Papa Giovanni Paolo II, che qui celebrò la messa di inizio del Secondo Congresso Eucaristico Nazionale, l’8 giugno 1987. Partecipò anche Madre Teresa di Calcutta.

E’ questa chiesa qui:

La chiesa Kościół Wszystkich Świętych a Varsavia
Sì, quella là sotto sono io che faccio la scema
La statua di Giovanni Paolo II nella chiesa Kościół Wszystkich Świętych e la dedica della chiesa sulla pietra

Di fronte alla chiesa c’era una piazza pieno di ghiaccio, così io e Massimo ne abbiamo approfittato per testare le potenti scarpe snow contact che avevamo comprato apposta per questo viaggio in Polonia. Dopo aver rischiato la morte un paio di volte siamo giunti alla conclusione che snow contact non vuol dire ice contact.

Continuando sul nostro percorso abbiamo incrociato una minuscola caffetteria che non avevamo notato all’andata: si chiama Cukiernia A. Cieślikowski e fa parte di una catena di altre caffetterie di Varsavia. Abbiamo preso due caffé accompagnati da due pączki, dei dolci fritti polacchi identici ai krapfen, ma con ripieno di confettura di rosa o di frutta. Sono buonissimi!

Per questa colazione abbiamo speso 19 złoty, cioè circa cinque euro.

Un pączki appena morso, con ripieno di confettura di rose

La fermata della metropolitana del Museo dell’Insurrezione si chiama Rondo Daszyńskiego e si trova ad una fermata di distanza da Rondo ONZ. Per arrivarci abbiamo usato un biglietto della metropolitana da 3,40 złoty (0,78 euro) a testa, che una volta timbrato vale venti minuti.

Il biglietto del Museum Powstania Warszawskiego (questo è il nome del museo in polacco) costa 18 złoty, cioè 4,11 euro. In biglietteria si può acquistare anche l’audioguida a parte, al prezzo di 10 złoty.

Prima di entrare, ricordati di lasciare l’eventuale zainetto negli armadietti del museo: per aprirli servono 5 złoty, che poi ti verranno restituiti all’uscita.

C’è anche una piccola sala dove degli addetti ritirano gratuitamente cappotti e giacche. Ti conviene lasciargli tutto quello che puoi, perché ti renderà la visita più agevole.

La torre del museo dell'insurrezione polacca a Varsavia, vista dall'esterno-

Il Museo dell’Insurrezione Polacca è distribuito su tre livelli: al suo interno c’è la ricostruzione, attraverso documenti, testimonianze, filmati e suoni, di quello che è successo a Varsavia durante la Seconda Guerra Mondiale. Nello specifico, il museo racconta la capitale polacca durante la Rivolta contro i nazisti che avevano occupato abusivamente la città, la sconfitta e il mancato soccorso dell’Armata Rossa.

[Le foto seguenti sono state scattate con lo smartphone. Mi scuso per la pessima qualità di alcune.]

Due foto di insurrezionalisti con delle cornette del telefono da usare per ascoltare le loro testimonianze
Alzando la cornetta del telefono si può ascoltare la testimonianza delle persone nelle foto
Distintivi a forma di aquila per i ribelli di Varsavia
Distintivi a forma di aquila per i ribelli

La storia degli insurrezionalisti di Varsavia mi ha colpito molto, soprattutto quando ho ascoltato le testimonianze rappresentate attraverso un muro. Sì, un muro al centro di una sala del museo che riproduce un cuore che batte, dedicato tutti a coloro che si sono battuti durante la Rivolta di Varsavia e sono morti. Accostando l’orecchio puoi ascoltare le canzoni della guerra, degli spari, stralci di conversazioni, comunicazioni via radio agli insorti. Dà i brividi.

Ho trovato particolarmente significativo anche il simbolo impresso su un aereo dell’epoca: un’aquila, simbolo della Polonia, che afferra una svastica. Purtroppo non sono riuscita a fotografarlo per intero e nella mia foto si vede malissimo, perciò te lo evito.

Un fucile con proiettili nel museo dell'Insurrezione di Varsavia
Foto e bandiere polacche al museo dell'insurrezione

Il Museo dell’Insurrezione è assolutamente da vedere se vai a Varsavia, però al suo interno non esiste un percorso, e si va in giro senza seguire un filo logico. Probabilmente è voluto.

Abbiamo preso l’autobus n°190 fino a Stare Miasto e proseguendo verso la piazza abbiamo incrociato una delle panchine di Chopin: si tratta di quindici panchine che commemorano i duecento anni del compositore e pianista polacco. La loro particolarità? Un pulsantino ti permette di ascoltare l’opera di Chopin composta o ideata in quel luogo.

Su ogni panchina di Chopin si trova la mappa per trovare le altre quattordici sparse in tutta Varsavia. Inoltre c’è un codice che, se fotografato e inviato al numero indicato, ti dà accesso ad un database per scaricare foto, documenti e altre composizioni di Chopin da ascoltare.

Una delle panchine di Chopin con descrizioni in polacco e in inglese, e la mappa delle altre panchine

Stare Miasto, la “Città Vecchia”, insieme al Castello Reale è il simbolo di Varsavia ed è stata interamente ricostruita dopo la Seconda guerra mondiale. I combattimenti infatti l’avevano totalmente rasa al suolo: nel 1944 non era altro che un cumulo di macerie.

Il magnifico Castello Reale, con la torre barocca rossa, fu abitato dai duchi di Masovia e poi dai re di Polonia.

Di fronte al Castello Reale c’è la colonna di Zygmunt III (con ‘sto nome mi sa che pure lui stava antipatico alla madre, come Sigismondo). Zygmunt III fu il re che trasformò Varsavia nella capitale della Polonia.

Il Castello Reale di Varsavia e l'albero di Natale della piazza
Stare Miasto, Varsavia, nel periodo natalizio e al tramonto

Devo dirti la verità: pensavo che Varsavia fosse tutta come Stare Miasto, cioè un po’ romantica e un po’ decadente come Praga. Io sono follemente innamorata di Praga. Invece no, per niente.

Varsavia è tutto tranne che romantica. E’ una città ferita che ancora sanguina, che è stata ricostruita ma fa fatica ad andare avanti. E non serve un museo per capirlo, per percepirlo: si sente nell’aria. Si vede nella gente che non sorride neanche con gli occhi.

Fuori da Stare Miasto e Nowe Miasto, infatti, Varsavia è tutta palazzine grigie ed austere, qualche grattacielo, il Palazzo della Cultura che già da solo dà un’idea abbastanza chiara del passato della Polonia. Un mucchio di elementi messi insieme che danno a gran parte della città un’atmosfera rigorosa e un aspetto quasi sovietico. Aspetto che piace poco ai polacchi stessi, per ovvie ragioni.

Grattacieli in centro a Varsavia, al tramonto

Per pranzo ci siamo fermati da Zapiecek, una catena di trattorie tipiche polacche caratterizzate da ambienti rilassanti, personale in costume polacco e pierogi, i tipici ravioli polacchi, cucinati in tutti i gusti possibili, anche dolci.

Sinceramente volevo evitare Zapiecek per un semplice motivo: tutti quelli che vanno in Polonia fanno una capatina da Zapiecek. Chiunque sia stato in Polonia negli ultimi mesi non fa altro che parlare di ‘sto Zapiecek e mi ero fatta l’idea di un ristorante troppo turistico. Volevo trovare un’alternativa. Solo che ce n’era uno a pochi passi dalla Stare Miasto e noi avevamo una fame tremenda, così l’abbiamo provato.

E bisogna ammetterlo: non è turistico come pensavo, e abbiamo mangiato benissimo.

La sala di Zapiecek dove ci siamo accomodati per pranzo, con una grande libreria, un'atmosfera rilassata e decorazioni natalizie sulle porte

Io ho scelto un piatto di pierogi lessi agli spinaci e formaggio con salsa alla panna acida, accompagnati da una tazza di kompot freddo. Massimo invece si è buttato su una birra e sui pierogi fritti con carne, funghi e salsa al formaggio. Ammetto che i suoi pierogi erano più buoni.

Il kompot è una bevanda, fredda o calda, a base di acqua in cui è stata fatta macerare della frutta. Preferibilmente prugne, mele e pere. Non potevo fare un viaggio in Polonia senza assaggiarlo. Beh, devo dire che non è male, ma sa di succo di frutta e berlo per pranzo mi ha fatto un po’ strano!

Il totale che abbiamo speso da Zapiecek è stato di 77,96 złoty (17,58 euro). Non male per un pranzo tipico, no?

Il nostro pranzo a base di pierogi e kompot polacco
Capodanno a Varsavia coi fiocchi: viva i pierogi!

Siamo usciti da Zapiecek alle cinque del pomeriggio, con lo stomaco che urlava pietà per i troppi pierogi. Con la scusa di smaltirli, ho trascinato Massimo al primo dei mercatini di Natale di Varsavia che ho visto: una graziosa fila di casette di legno che dalla piazza del Castello Reale si allungava verso Ulica Podwale.

Tra gli oggetti in vendita c’erano soprattutto cose fatte a mano, souvenir natalizi e cibo, taaanto cibo!

Mercatini di Natale a Varsavia: casette natalizie in esposizione
Salsicce in cottura sulla griglia di una bancarella
Mercatini di Natale a Varsavia: lanterne a forma di casetta colorata

Ed è stato lì, vagando tra i mercatini di Natale di Varsavia, che li ho visti. Tra le mele candite e le salsicce alla griglia ho trovato i trdlo – o trdelník, o manicotti di Boemia. Se mi leggi da poco forse non sai che sono stata a Praga tre volte, dico TRE volte, e non ho mai assaggiato i trdlo.

Il trdlo è una pasta dolce ricoperta di cannella e zucchero (o cacao e cannella) che viene arrotolata intorno ad un bastone di metallo e cotta in una sorta di forno. E’ tipico della Boemia, e infatti si trova facilmente tra le bancarelle del mercatino natalizio di Praga.

Ero convinta che il nome polacco dei trdlo fosse węgry, perché di fronte alla bancarella c’era un cartello con questa parola. Invece Węgry in polacco significa Ungheria. Quindi, ora mi chiedo: ho mangiato un trdlo ceco che si chiama Ungheria… in Polonia? Oppure era un trdlo in crisi d’identità? Chiedo l’aiuto da casa.

Crisi d’identità o no, quel trdlo era buonissimo.

Il trdlo che ho mangiato a Varsavia

Il secondo dei mercatini di Natale di Varsavia è forse più famoso del primo. Si tratta del mercato della Città Vecchia, in polacco Rynek Starego Miasta. Questo mercatino natalizio si trova proprio al centro dell’omonimo quartiere e, secondo la guida turistica in mio possesso, ci sono bancarelle anche durante il resto dell’anno.

Questo mercatino è molto carino per la presenza di quelle graziosissime casette colorate, alte e strette, tipiche di questa zona dell’Europa. Al centro della piazza, invece, c’è la mitica statua della Sirena, il simbolo di Varsavia.

Purtroppo devo dire di aver amato di più l’altro mercatino. Le bancarelle erano davvero poche e vendevano solo bevande calde!

Il mercatino Rynek Starego Miasta sotto le luci natalizie

L’ultima tappa prima di rientrare in hotel doveva essere il Lapidarium, un minuscolo negozietto che vende oggetti antichi, anche militari, risalenti al comunismo. Si trova in Nowomiejska 15/17, a pochi passi dal Rynek Starego Miasta. Purtroppo lo abbiamo trovato bello che chiuso. Perché io c’ho il #mainagioia come stile di vita, proprio.

Per la cena di Capodanno avevo prenotato un tavolo al pub dell’hotel. Sì, quello della figura di cacca “I’m a bit slowly” del giorno prima, il Winestone. Immagino non ci sia bisogno di dirti per quale motivo ho chiesto a Massimo di interagire coi camerieri al posto mio.

Massimo s’è sfondato di żurek come se non ci fosse un domani, mentre io ho preferito una cosa molto leggera e soprattutto polacca: l’hamburger.

La mia cena di Capodanno: hamburger e patatine fritte
Capodanno a Varsavia con l’hamburger: lo stai facendo male

Dopo cena siamo usciti fuori ad aspettare la mezzanotte davanti al Palazzo della Scienza e della Cultura, per festeggiare il Capodanno a Varsavia insieme ai polacchi.

Nella piazza molta gente stava seguendo il concerto dell’ultimo dell’anno, ma noi abbiamo quelli che si sistemavano sul prato per il grande spettacolo dei fuochi d’artificio. Li hanno fatti partire proprio dal Palazzo della Scienza e della Cultura, ed è stato lo spettacolo di fuochi d’artificio più bello della mia vita!

Capodanno Varsavia: quarto giorno

Varsavia, 1 gennaio 2017, domenica.

Quel giorno ci siamo svegliati abbastanza tardi e, non avendo la colazione compresa nel prezzo dell’hotel, siamo usciti alla ricerca di caffeina e briochina.

Subito dopo sono casualmente inciampata nell’Hard Rock Cafè del centro di Varsavia, che sta proprio di fianco al centro commerciale, ed ho comprato sempre casualmente una spilla da aggiungere alla mia collezione.

Ecco, dicevo che in Polonia le cose costano meno, vero? Purtroppo non all’Hard Rock Café: la spilla costa sempre 15 euro, ovvero 65 złoty. Con quella cifra ci abbiamo quasi pranzato in due da Zapiecek!

La mia foto sotto alla chitarra gigante dell'Hard Rock Cafè di Varsavia

Quattro fermate di autobus dopo eravamo di nuovo alla Stare Miasto. Non potevamo concludere il Capodanno a Varsavia senza vederla dall’alto della terrazza della Chiesa di Sant’Anna, in polacco Kościoła św. Anny.

Stare Miasto addobbata per Natale, a Varsavia
Cose da fare se si trascorre il Capodanno a Varsavia: visitare questa piazza!

La Chiesa di Sant’Anna si riconosce facilmente: è un edificio beige e bianco a pochi passi dal Castello Reale, e la scritta taras widokowy (ponte di osservazione) non lascia dubbi.

Il biglietto costa 5 złoty a testa, circa 1,16 euro, e si va sulla terrazza percorrendo una scala a chiocciola di centocinquanta scalini. Io all’ottantesimo scalino stavo per avere un infarto, al centoquarantanovesimo stavo firmando il testamento. Ma ne è valsa la pena!

All’interno del cortile della Chiesa di Sant’Anna c’erano anche delle bancarelle natalizie graziosissime!

Stare Miasto: panorama dall'alto della terrazza di Sant'Anna
I tetti di Varsavia leggermente innevati

Dopo la terrazza abbiamo raggiunto la Rynek Starego Miasta, dove c’è il mercatino con la pista di pattinaggio, e da lì abbiamo proseguito verso il Barbakan, Nowe Miasto e l’ex ghetto ebraico.

Devo dire che di giorno Rynek Starego Miasta è molto più carina.

Il Barbakan segna il passaggio tra Stare Miasto e Nowe Miasto, ovvero la Città Vecchia e la Città Nuova, e risale al 1548. Intorno ad esso è stato ricostruito il cammino di ronda che attraversava il doppio muro di cinta a protezione della Città Vecchia.

Rynek Starego Miasta vista di giorno: casette colorate, qualche bancarella e la pista per pattinare
Il Barbakan di Varsavia
Dipinti appoggiati alle mura del Barbakan
Ingresso a Nowe Miasto a Varsavia

Nell’attuale Muranów sorgeva il ghetto ebraico, creato dai nazisti nel 1940 e distrutto nel 1943.

Noi cercavamo il monumento agli ebrei che nel 1943 si ribellarono ai nazisti per radere al suolo il ghetto, il Pomnik Bohaterów Getta, ma evidentemente avevamo confuso la via. Infatti, non trovandolo dove ci aspettavamo, abbiamo semplicemente deviato verso il Giardino Krasinski, in polacco Ogród Krasińskich.

Nel Giardino Krasinski c’è un bel palazzo barocco e un grande parco, con un laghetto che in quel momento era quasi del tutto ghiacciato e pieno di papere.

Io impazzisco quando vedo le papere. Avrò fatto trenta foto di fila!

Palazzo Krasinski a Varsavia
Quattro papere sul laghetto ghiacciato del parco

A pochi passi dall’entrata del parco una linea a terra indicava il muro che divideva l’ex ghetto ebraico dal resto di Varsavia.

Ho sentito dire che ci sono anche dei pezzi di muro ancora in piedi, e dovrebbero trovarsi lì vicino nel cortile privato di un condominio.

La traccia sul marciapiede del muro del ghetto ebraico a Varsavia

Per pranzo siamo tornati da Zapiecek, ormai diventato una certezza.

Stavolta niente pierogi, ma ci siamo buttati su due piatti a base di frittelle di patate, un’altra specialità tradizionale polacca. La mia aveva come ingredienti principali patate e cipolle, ed era ricoperta di crema di funghi, infatti la sto ancora a digeri’. Quella di Massimo era al goulasch.

Il piatto più buono era il mio!

La mia frittella affogata nella crema di funghi
Frittella e goulasch di Massimo

Il totale per i due piatti, l’acqua naturale e una birra: 77,98 złoty, circa 18 euro.

Il resto della giornata lo abbiamo trascorso ai mercatini, in cerca di souvenir da portare a casa.

Capodanno Varsavia, ultimo giorno

Varsavia, 2 gennaio 2017, lunedì.

Abbiamo fatto il check-out e poi abbiamo preso l’autobus n°175 fino all’aeroporto.

E qui urge una premessa: avevo scelto di trascorrere il Capodanno a Varsavia perché volevo passare la festa di San Silvestro in una città dove avrei potuto vedere la neve. Lo sai quando ha nevicato in quei quattro giorni? Nel momento preciso in cui abbiamo messo piede sull’autobus per tornare in aeroporto.

Vogliamo farlo un applauso?

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→ Continua la lettura col diario del disastroso Capodanno a Stoccolma

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Bene, il diario del Capodanno a Varsavia si conclude qui! Non dimenticare di condividere questo post se ti è stato utile, e di seguirmi anche su Facebook e Instagram per rimanere sempre aggiornato/a sui nuovi articoli!

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Ciao io sono Anna

Ciao, io sono Anna!

Sono una travel blogger di Roma, sul web con Profumo di Follia dal 2012. Organizzo viaggi in piena autonomia da sempre, soprattutto nel weekend e nelle capitali europee.

Ho una passione per la Finlandia che mi ha portata a studiare la lingua finlandese per un anno e mezzo e a progettare di esplorarla in lungo e largo.

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