Alberghi da incubo in Italia: quando neanche le recensioni possono salvarti
21 Settembre 2016
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Finalmente posso raccontarti del mio viaggetto a Ischia e della mia gita di un giorno a Procida, ma non è questo il giorno: oggi parliamo di alberghi da incubo. Eh sì raga, l’hotel da incubo stavolta è capitato pure a me, e mi sembra giusto usare il blog per raccontare anche questo tipo di episodi. Ridiamoci su, ché ormai è tutto passato e posso rilassarmi. Perché posso assicurarti che questo pessimo hotel rimarrà a lungo nei miei incubi peggiori. Dovevo rimanerci per una settimana da sogno a Ischia, ma sono scappata a gambe levate dopo neanche un giorno.
Se vuoi saperne di più su come ho trascorso questa vacanza all’italiana, albergo da incubo escluso, ti lascio il resoconto della vacanza a Ischia.
Spoiler: ho mangiato benissimo, ho visitato il Castello Aragonese che è un vero gioiello di storia della Campania, e ho fatto luuunghe passeggiate tra le vie dello shopping ischitane. Ma soprattutto sono riuscita a trovare velocemente un altro hotel dove portare il mio ego ferito, il mio fidanzato, i miei genitori e i loro due cani. Perché quando si piglia una sòla, la figuraccia bisogna farla bene. E nel mio caso a fare da spettatori c’erano i miei.

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Alberghi da incubo: i primi segnali
Questo paragrafo è da leggere immaginando, come sottofondo musicale, la colonna sonora del film Lo Squalo.
La prima strana sensazione riguardo a questo viaggio l’ho avvertita quando ho ricevuto il numero della prenotazione delle nostre stanze via e-mail. Non ho ricevuto un numero lunghissimo, come succede solitamente quando prenoti una camera in un hotel normale, ma un semplice numero otto.
La mia era la prenotazione numero otto. Quella di mia madre era la numero nove.
“Saranno le prenotazioni numero otto e nove di quella settimana”, ho pensato, “o forse le riazzerano ogni mese“.
Povera ingenua.
Poi, a Ischia ci siamo andati davvero. Il treno era in orario, il traghetto era in orario, c’era il sole, i nostri cani collaboravano e noi eravamo contenti di essere arrivati sull’isola senza imprevisti.
Il sito dell’hotel suggeriva di prendere un certo autobus al porto, di scendere al capolinea e di proseguire a piedi per circa venti minuti.
Durante il tragitto in autobus, il meraviglioso sole tipico della Campania aveva lasciato il posto a dei brutti nuvoloni scuri, e mentre scendevamo dall’autobus s’è scatenata ‘na bufera tipo uragano Katrina. Più tipo segno divino, in realtà. Pioggia a secchiate, raffiche di vento, tuoni e fulmini.
Quelli dell’hotel, tra l’altro, avevano dimenticato di inserire un minuscolo dettaglio riguardo al percorso da fare a piedi: i famosi venti minuti bisognava farli arrampicandosi lungo le strettissime stradine di Sant’Angelo, che percorrono le scogliere dell’isola con una serie di salite e discese a volte piuttosto ripide. Carino il posto eh, mooolto caratteristico, ma quella è roba da capre di montagna, mica da turisti con due trolley da venti chili ciascuno! Mettici anche che pioveva a dirotto e che nei paraggi non si vedeva nessun hotel, e capirai come mai abbiamo ceduto alle avances di un tassista che, guarda un po’ il caso, in quel momento passava proprio di lì.
Ecco, ho detto passaggio fino all’albergo, vero? Già. Invece ci siamo fermati dopo circa trecento metri, in una piazzola, e il tassista ci ha mollati lì dando la colpa alla ZTL.
Ischia c’ha la ZTL.
Ripeto: a Ischia ci sono le zone a traffico limitato.
Per non parlare dei dieci euro che ci sono stati chiesti dal tassista di cui sopra per, appunto, quei trecento metri che avevamo fatto.
Diciamo che già quello non mi è sembrato un buon modo per iniziare la vacanza.

Lì abbiamo scoperto che la zona a traffico limitato di Ischia si attraversa a bordo dei golf cart. Sì, sono seria: in quella piazzola avevamo a disposizione solo tassisti con dei golf cart, mezzi che evidentemente molti ischitani usano per salire e scendere lungo le stradine di Sant’Angelo senza cappottarsi.
Chiaramente toccava pagare pure quelli: altri venti euro per il passaggio con due golf cart, una per noi quattro e una per i bagagli, ma stavolta davvero fino all’hotel.
Col maltempo quel golf cart faceva una fatica bestiale a muoversi, in più la sottoscritta era seduta sul retro appesa ad una sbarra di metallo. Allego prova fotografica della suddetta sbarra, fotografata durante la nostra fuga dall’hotel, il giorno dopo, col bel tempo.

Alberghi da incubo: l’arrivo in hotel
Arrivata di fronte all’hotel ho notato qualcosa che non mi tornava: l’insegna indicava una pensione, non un hotel.
Ed entrando dentro, la brutta sensazione avvertita qualche secondo prima è diventata una certezza: cattivo odore di stantio dappertutto e mobili vecchi che non vedevano un prodotto antipolvere dagli anni Sessanta. La “piscina interna” promessa dalla pagina Booking dell’hotel era una specie di Jacuzzi incastrata nel piano terra della pensione, ed era fuori uso.
La mia camera, che sul sito sembrava grande e ariosa, era claustrofobica e in uno stato discutibile: la porta in legno si bloccava a metà corsa e non si apriva più di così; i vetri delle finestre vibravano ad ogni minimo movimento; gli infissi in legno erano vecchi e luridi. Il bagno era angusto, senza finestra e decorato da un fantastico buco nel soffitto. L’intera stanza era decorata da meravigliose ragnatele e l’odore di stantio era fortissimo. Le lenzuola del letto erano di un giallino preoccupante, il materasso era fin troppo sottile, e la spalliera… quale spalliera?
La ciliegina sulla torta, o meglio, il colpo di grazia: sentivo qualunque cosa dicessero i miei genitori, che alloggiavano nella stanza di fianco. Praticamente non avevamo i muri.


Di quel momento mi ricordo solo di essere precipitata in uno stato confusionale. In effetti più incazzato che confusionale. Mi sentivo in colpa per la scelta sbagliata, pensavo di aver interpretato male le descrizioni, le foto, le recensioni. Io che non avevo mai sbagliato un colpo, io che avevo la mia personale strategia per scegliere gli hotel perfetti su Internet.
Per cena ci è stato servito un malloppo di pasta scotta con un mucchietto di sugo insipido letteralmente buttato sopra. Una roba che non ho visto nemmeno nei peggiori ristoranti italiani all’estero, e che non ho avuto il coraggio di ingurgitare.
Dopo cena siamo usciti per prendere una boccata d’aria, e per vedere se almeno riuscivamo a raggiungere il centro di Sant’Angelo. La vicinanza al borgo ischitano era uno dei motivi più importanti dietro alla scelta di quell’hotel. Ma per raggiungerlo dovevamo percorrere la stradina fatta coi golf cart in senso contrario, completamente al buio per l’assenza di pali della luce accesi, senza uno straccio di indicazione.

Abbiamo dormito lì per una sola notte. Io l’ho trascorsa immobile nel letto, con le mani giunte e a fissare il soffitto, domandandomi come cavolo ero finita là dentro e finendo, ogni tanto, in un tormentato dormiveglia da cui mi risvegliavo di soprassalto, sognando di ritrovarmi coperta dalle cimici dei letti.
La prima cosa che ho fatto appena “sveglia” è stata controllare le recensioni di quella topaia infernale. Erano quasi tutte positive, anche su Booking dove le recensioni sono garantite dalle prenotazioni.
La nostra avventura si è conclusa perdendo la caparra, prendendo a parolacce il gestore della pensione e scappando in un hotel migliore che ho trovato dopo un giorno e mezzo di ricerca matta e disperatissima su Booking.
Mi stai dicendo che le recensioni non servono a niente?!
In anni e anni che prenoto gli hotel su Internet, quella è stata la prima volta in un hotel così deludente. Eppure ho analizzato attentamente informazioni, foto e recensioni su più siti, come ho sempre fatto. Cosa ho sbagliato?
Mi sono data qualche risposta.
La prima: recensioni comprate. Basta cercare “recensioni comprate” su Google per trovare agenzie che vendono veri e propri pacchetti di recensioni positive per “migliorare la credibilità” di albergatori e ristoratori poco onesti. Chiunque, su TripAdvisor, può creare account fake e riempire di recensioni positive o negative qualsiasi attività, o prendere accordi con qualcuno per farselo fare.
Ma le recensioni di Booking? Booking, che ti permette di recensire una struttura solo se hai usato il sito per prenotare il tuo soggiorno lì? Venderanno pacchetti di recensioni anche su quel sito?
E qui veniamo alla seconda ipotesi: la struttura è stata sempre venduta come pensioncina un po’ alla buona, quindi chi l’ha scelta sapeva a cosa andava incontro. Non che ci sia qualcosa di male nello scegliere pensioni e ostelli modesti eh, il punto è che a me quel posto è stato venduto come hotel tre stelle e descritto mooolto diversamente! Senza considerare che, pensione o no, continuo a chiedermi come mai nessuno si sia lamentato almeno della puzza di stantio e dello stato dei mobili.
Esiste anche una terza ipotesi, cioè la mia distrazione. Su TripAdvisor le foto scattate dai viaggiatori si concentrano quasi esclusivamente sul paesaggio e sull’esterno della pensione, e su Booking la descrizione si concentra sul panorama, mentre si dice poco del resto. Avrei dovuto farci caso.
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Ciao, io sono Anna!
Sono una travel blogger di Roma, sul web con Profumo di Follia dal 2012. Organizzo viaggi in piena autonomia da sempre, soprattutto nel weekend e nelle capitali europee.
Ho una passione per la Finlandia che mi ha portata a studiare la lingua finlandese per un anno e mezzo e a progettare di esplorarla in lungo e largo.
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