Festival dell'Oriente: informazioni, costi e... vale la pena?
30 Aprile 2019
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Il Festival dell’Oriente di Roma, o Roma incontra il mondo è, per chi ancora non ne avesse sentito parlare, una fiera itinerante dedicata all’Asia che da qualche anno gira tutta l’Italia, e con gli anni sta via via evolvendosi in un festival di padiglioni tematici su tutto il mondo. Il giro del mondo in un festival solo, in sostanza.
Il Festival dell’Oriente del 2019 – l’ultimo che c’è stata a Roma, a causa della pandemia da coronavirus – contava la bellezza di sei padiglioni, aree esterne, esibizioni, l’Holi Festival, e per non farsi mancare niente pure ‘na mongolfiera. Sì, quelle tonde che volano. No, non domandarmi cosa c’entra ‘na mongolfiera con l’Asia: andiamo per gradi.
Festival dell’Oriente a Roma: i padiglioni
Partiamo dalle basi: cosa aspettarsi da questo Roma incontra il mondo e, presumo, dal Festival dell’Oriente che viene ormai proposto in tutta Italia?
I padiglioni sono sei, come già detto sopra, ma vediamo quali:
- Padiglione Festival dell’Oriente, che comprende l’area Spiritualità e Benessere. Qui trovi una mostra fotografica di Gandhi, la sala olistica, lo spazio conferenze (ogni giorno ci sono presentazioni e documentari), lo spazio yoga e meditazione, l’ayurveda e i corsi di massaggi. C’è anche una sala per la cultura indù.
- Padiglione Festival dell’Oriente col Sushi Village. Questo padiglione è ampiamente rivolto agli appassionati di Giappone: ci sono ricostruzioni di monumenti giapponesi; kimono (veri e finti); stand di gadget manga ed esibizioni. Il Sushi village è la novità dell’ultimo anno: stand di sushi e sashimi, ramen, gyoza, birra e dolci giapponesi, insomma, stand di piatti tradizionali giapponesi. Ma di questa area parlerò dopo nel dettaglio, perché ho qualcosina da ridire.
- Padiglione Festival dell’Oriente e Festival delle Arti Marziali. Questo padiglione ha due palchi delle esibizioni agli opposti dell’edificio, un’area culturale tibetana e una thailandese, e aree tatami ( i tatami sono pavimenti giapponesi in paglia intrecciata, ndA) dove si danno lezioni di arti marziali o difesa personale.
- Padiglione Festival Irlandese. Qui abbiamo: una ricostruzione di Stonehenge (che sta in Inghilterra e non in Irlanda, ma sorvoliamo); l’area di ciccioneggiamento selvaggio, ovvero l’area food dedicata alla carne di Angus e agli hamburger, principalmente; il palco delle esibizioni; quattro o cinque stand di gadget ispirati, più che all’Irlanda, a Harry Potter e alla magia.
- Padiglione Festival Country e Festival dei Nativi Americani. Qui ci hanno piazzato un simil accampamento indiano, una pista per il ballo country e un tizio che vende cannoli siciliani. Non chiedermi il perché dei cannoli. Non lo so.
- Padiglione That’s America. Qui ci sono: una mostra di macchinoni americani e furgoni hippie; un’area wrestling; un toro meccanico; venditori di chiodi di pelle (nel senso che vendono i giubbotti di pelle, non i chiodi per attaccare i quadri!) e qualche decina di luci stroboscopiche qua e là. Lo stereotipo americano fatto padiglione, insomma.
Oltre ai sei padiglioni già descritti, ci sono una secchiata di aree esterne con altrettanti “festival” indipendenti, ovvero:
- Area esterna American Motor Village + Stuntmen Show + Festival del Vento (nel senso che corrono con le macchine e c’è la mongolfiera)
- Area esterna Festival dell’America Latina
- Area esterna Grecia, Sardegna e Spagna; Festival Argentino e Tango (la Sardegna non l’ho capita, ma si sarà imbucata insieme al tizio dei cannoli)
- Holi Festival e Cupido Festival
- Area Artisti di Strada
- Area esterna Africa e Brasile
- October Festival, chiaramente ispirato all’Oktoberfest
- Area esterna Mille e una notte
Festival dell’Oriente: cosa ne penso, pro e contro
Partiamo col dire che se son quattro anni che ci vado, il motivo è che questa fiera in generale non mi dispiace. Trovo bella l’idea di ricreare in un spazio solo varie fette di pianeta, in particolare quello asiatico, e di diffondere un minimo di cultura e tradizioni di diversi Paesi. Qui a Roma non ci sono eventi simili, non ancora almeno.
Belle le mostre con i costumi tradizionali e le foto di posti spettacolari, che però sono sempre troppo poche.
Trovo splendide anche molte esibizioni. L’altro giorno mi sono goduta un’esibizione di suonatori di tamburi giapponesi (chiamati taiko) che ho mostrato in parte anche sulle mie Storie Instagram. Quattro ragazzi sorridenti ed instancabili, con quattro o cinque tamburi tra cui un kodō, (quello enorme a forma di barile) e un’energia pazzesca. Ora muoio dalla voglia di scoprire se esiste la possibilità di vederli in Giappone, durante qualche evento aperto anche ai turisti. Se sai indicarmene qualcuno, in particolare in autunno, i commenti qui sotto sono tutti tuoi!
→ Leggi anche: Una settimana in Giappone, diario di viaggio
Anche l’offerta gastronomica alla fiera, in generale, è ottima: l’anno scorso ho avuto modo di provare degli assaggini thailandesi; l’anno prima ho pranzato nel ristorante indiano, e quello ancora prima nel vietnamita. Ed è stato sempre al Festival dell’Oriente che ho assaggiato il mio primo dorayaki, il dolcetto di Doraemon ai fagioli azuki.
Ora passiamo a cosa non mi piace, perché ormai mi sono fatta un’idea abbastanza chiara.
Se leggi l’elenco che ti ho fatto sopra, ti fai l’idea di un posto gigantesco dove hai la possibilità di visitare virtualmente mezzo mondo, o almeno farti un’idea di come siano questi posti.
Il problema è che molti “festival” esterni della fiera – i nomi li ho copiati pari pari dal volantino che ho preso lì – in realtà sono due bancarelle di gadget, intendo proprio due, e che la fiera in generale è un posto in cui gente cerca di venderti cose ispirate a questo o quel Paese. Ci sono bancarelle di ottimo artigianato, questo bisogna dirlo, ma anche e soprattutto … un sacco di cianfrusaglie.
L’area esterna Africa/Brasile non è altro che un chiosco di caipirinha, uno di picanha brasiliana (è carne) con qualche tavolo, e un poveraccio col telo sul marciapiede che vende oggetti di legno simil africani.
L’area spagnola è costituita da un ristorante spagnolo e un palco dove qualcuno dovrebbe ballare. Idem quella argentina, greca e sarda.
Il senso dell’aggiunta del Festival del Vento, quello della mongolfiera, mi sfugge completamente.
Aree Artisti di Strada, Mille e una notte e Cupido Festival: non pervenute.
Un’altra cosa che non mi piace: la riproduzione dell’esercito di terracotta cinese sono due anni che la piazzano non nelle aree asiatiche, ma di sotto, al buio, fra i piloni che sorreggono la passerella che collega i padiglioni. Qualcuno mi spieghi cosa hanno fatto di male quei poveri soldati per meritarsi una posizione simile!
Parliamo anche del Sushi Village. Minchia quanto ero gasata per questo Sushi Village, non hai idea. Infatti mi sono fiondata immediatamente ai padiglioni asiatici per trovarlo.
Il Sushi Village è un’area al centro del padiglione dieci con un’unica cassa e vari stand bianchi tutti intorno, ognuno dedicato ad un piatto della cucina giapponese. Io sono stata venti minuti a fissare il tizio che cucinava i gyoza prima di scoprire che non potevo dare i soldi direttamente a lui. Non c’è un cartello che lo dica, manco un foglio scritto a penna. Poi ho trovato la cassa, ho pagato cinque euro di gyoza al maiale, e mi hanno consegnato un cestinetto con due gyoza al maiale e un gyoza vegetariano “in omaggio”. In pratica con cinque euro ci paghi due ravioli giapponesi. Un po’ tanto!
Con nove euro ti danno otto pezzi di uramaki; con quattro euro ti prendi un dorayaki. C’è anche il ramen, ma visto quello che avevo messo nello stomaco con sedici euro, non me la sono sentita di rischiare.
Insomma, se dovessi descrivere il Sushi Village in due parole direi inutilmente costoso. Secondo me è meglio farsi un giro in un ristorante giapponese buono, ché con tre euro in più nel mio preferito ci prendo l’all you can eat. L’ultima volta io e Massimo ci siamo fatti fuori quattordici portate, altro che otto uramaki. D’accordo, la qualità sarà quella che è, ma non è che ci sia ‘sta gran differenza con quello che ho mangiato al festival 🙁
Quindi, riassumendo, secondo me vale la pena fare un giro al Festival dell’Oriente se:
- non hai mai visto una danza indiana o un suonatore di kodō
- ti piacerebbe indossare un vero kimono giapponese, o vedere l’arte di una geisha dal vivo
- vuoi provare la cucina thailandese, spagnola, indiana o vietnamita
- vuoi farti un selfie con la statua di un buddha, in attesa di vederne una vera in Asia
- adori le ciotole da meditazione tibetane in tutte le loro forme e grandezze
- vuoi farti fare un massaggio, o scoprire qualcosa in più su yoga o ayurveda
- ti piacciono le auto americane o vuoi farti un giubbotto di pelle
Non vale la pena di andarci se:
- cerchi informazioni su un ipotetico viaggio in Asia, America o Africa, o idee su cosa vedere
- ti aspetti di apprendere qualcosa in più su storia e cultura asiatici, irlandesi, americani e africani
- vuoi provare per la prima volta la cucina giapponese, perché a Roma c’è di meglio e a prezzi migliori
- ti aspetti di comprare gadget giapponesi o vere stoffe indiane
- ti aspetti di trovare oggetti tipici americani, sudamericani o irlandesi
Prezzo del biglietto 2019 e come arrivare
→Per conoscere le date aggiornate e tutte le tappe italiane: tieni d’occhio il sito ufficiale www.festivaldelloriente.it
→Prezzi dei biglietti del Festival di Roma, al 2019: 13 euro il biglietto intero; 8 euro il biglietto ridotto, valido anche per bambini tra i 5 e i 10 anni compiuti; i bambini sotto i 5 anni entrano gratis. Non si può prenotare online.
→Come arrivare al Festival dell’Oriente di Roma: scendi alla fermata del treno “Fiera di Roma” sulla linea FL1 da/per l’aeroporto di Roma Fiumicino, se sei con i mezzi pubblici; se ci vai in auto prendi il GRA, uscita 30 direzione aeroporto di Fiumicino, e poi segui le indicazioni per “Fiera di Roma”.
Spero di non essere stata troppo cattiva… fammi sapere cosa ne pensi, se sei stato al Festival dell’Oriente della tua città, e non dimenticare di seguirmi su Facebook e Instagram per essere sempre aggiornato sui nuovi articoli!
I COMMENTI
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Ciao, io sono Anna!
Sono una travel blogger di Roma, sul web con Profumo di Follia dal 2012. Organizzo viaggi in piena autonomia da sempre, soprattutto nel weekend e nelle capitali europee.
Ho una passione per la Finlandia che mi ha portata a studiare la lingua finlandese per un anno e mezzo e a progettare di esplorarla in lungo e largo.
Sono una travel blogger di Roma, sul web con Profumo di Follia dal 2012. Organizzo viaggi in piena autonomia da sempre, soprattutto nel weekend e nelle capitali europee.
Ho una passione per la Finlandia che mi ha portata a studiare la lingua finlandese per un anno e mezzo e a progettare di esplorarla in lungo e largo.
Raffaella 01/05/2023 21:07
buonasera Anna sono casualmente capitata nel suo articolo dopo aver visitato il festival dell oriente, ho letto che ha acquistato due album fatti a a mano( li ho visti anche io, ma non avevo abbastanza soldi per prenderli) arrivata a casa mi sono pentita, lei per caso si ricorda come si chiamava lo stand, per vedere se vendono anche al di fuori della fiera, grazie mille buona serata
Anna 01/05/2023 21:24
Ciao Raffaella, prova a cercarli su Facebook con la parola chiave “steampunk”, ricordo che avevano una pagina a tema collegata ad un sito. Ho provato a cercarli ma purtroppo il nome non lo ricordo, e non ho più nemmeno gli album!
Irene 14/10/2024 10:21
salve potrei sapere il nome dello sciamano indiano del festival d oriente 2019 che stava a Roma? Grazie Irene