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Turismo e sostenibilità: tutta la verità sul turismo sostenibile

30 Settembre 2024

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Turismo e sostenibilità: da che parte si comincia? Cos’è il turismo sostenibile? E che differenza c’è con il turismo ambientale, o con quello responsabile?

Viviamo in un mondo che va sempre più veloce, dove si prende un Ryanair e in un attimo si può visitare Londra, Varsavia o Venezia. Parti la mattina, bevi un caffè di Starbucks e la sera puoi essere di nuovo nel tuo letto. Viaggiare regala emozioni, e l’emozione di sentirsi stranieri per una giornata può far gola a molti, soprattutto da quando ci sono le compagnie aeree low cost e il bisogno incontrollato di rendersi interessanti sui social. Per non parlare dell’iniziativa All you can fly di Wizzair, che avrebbe già venduto 10mila abbonamenti ed ha una serie di clausole che mi chiedo quanti abbiano letto.

Il turismo sostenibile ha, tra i suoi obiettivi, un mondo meno inquinato e meno ingiusto, un mondo senza turismo di massa dove le barriere coralline rimangono intatte, i bambini non vengono strappati ai genitori per compiacere l’ego dei turisti, gli animali predatori non diventano prede dei like.

Ho studiato le basi di turismo e sostenibilità durante il corso per travel designer che ho appena terminato e devo dire che, durante le lezioni sul turismo ambientale e quello sostenibile, i momenti di sconcerto sono stati più di quanti me ne aspettassi. Sul tema c’è, comprensibilmente, un bel po’ di confusione. Sui social e nei canali di informazione si abusa di molti termini – probabilmente l’avrò fatto anche io – senza conoscere le differenze tra un concetto e l’altro.

Perché, ad esempio, turismo sostenibile, turismo responsabile e turismo ecosostenibile non sono sinonimi. Qualcuno se ne approfitta per fare greenwashing e spacciare per ecosostenibili i propri servizi, qualcun’altro è semplicemente meno studiato e pensa genuinamente che siano la stessa cosa. E il secondo, di solito, diventa la vittima perfetta del primo.

In questo articolo parleremo del greenwashing, della sindrome del white savior e del fenomeno del canned lion, del turismo sostenibile e del suoi sottogruppi, e soprattutto di come viaggiare in modo sostenibile, o di come scegliere un tour operator che segua i princìpi di questo tipo di turismo.

Turismo e sostenibilità: cos’è il turismo sostenibile (e perché devi saperlo)

Nonostante ai nostri occhi rappresenti del puro svago, il turismo è l’industria che cresce più velocemente al mondo. Genera posti di lavoro, contribuisce allo sviluppo economico dei Paesi più turistici portando valuta straniera, può diventare persino un’arma geopolitica.

Secondo il World Travel & Tourism Council, il turismo rappresenta il 10% del PIL globale (si parla di 11,1 trilioni di dollari statunitensi, giusto per dare una cifra) e cresce annualmente del 12,1%. Più di 300 milioni di persone, nel mondo, lavorano direttamente o indirettamente coi turisti.

Tutto molto bello. Ma c’è anche un doloroso rovescio della medaglia.

Ho parlato di sviluppo economico di un Paese, ma è bene sapere che solo il 45% delle entrate provenienti dal turismo arriva realmente nelle casse del Paese ospitante: il resto finisce nelle tasche dei tour operator e dei fornitori dei servizi turistici, che spesso sono stranieri.

Quando parlo di servizi turistici mi riferisco ad alloggi, ristoranti, escursioni, mezzi di trasporto a noleggio, in pratica ogni singola parte che compone un viaggio o un pacchetto turistico.

Turismo e sostenibilità: turisti ammassati a Santorini
Turismo e sostenibilità: Santorini e i turisti ammassati ad Oia [photo credits: Angelos Mihas | iStock]

Dunque, che cos’è il turismo sostenibile?

Nel 1987 Gro Harlem Brundtland, presidente della commissione mondiale del World Commission on Environment and Development, definì la strategia dello sviluppo sostenibile così: “Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri“.

Il turismo sostenibile si può definire come qualsiasi forma di turismo che soddisfa le aspettative del turista e che, al contempo:

  • non riduce la disponibilità e la qualità delle risorse;
  • contribuisce in modo positivo ed equo allo sviluppo economico e al benessere di chi vive e lavora nel luogo interessato;
  • non compromette la possibilità per i viaggiatori futuri di godere delle stesse esperienze fatte dai viaggiatori del presente.

Forse già da questo si può intuire perché il turismo sostenibile e il turismo ecosostenibile non sono la stessa cosa, e perché il turismo di massa non è sostenibile.

Gli effetti negativi del turismo di massa

Il turismo di massa – la conseguenza diretta di un turismo non sostenibile – alla lunga distrugge gli ecosistemi dei luoghi ospitanti.

Gli esempi sono diversi.

La spiaggia thailandese di Maya Bay, diventata famosa col film The Beach, registrava più di 5.000 visite al giorno e la barriera corallina ne stava facendo le spese, tanto che nel 2018 il governo thailandese ha imposto un divieto di visitare la spiaggia durato quattro anni. Oggi la baia si può visitare ma ci sono delle limitazioni al numero di visite, che possono essere al massimo 1200 al giorno, e persiste il divieto di balneazione.

Turismo e sostenibilità: Maya Bay, in Thailandia, invasa dai turisti
Turismo e sostenibilità: Maya Bay invasa dai turisti [photo credits: StudioBarcelona | iStock]

L’area di Machu Picchu, in Perù, ha rischiato di essere inserita nella lista UNESCO dei siti patrimoni dell’umanità in pericolo a causa dei danni alle antiche rovine provocati dall’inciviltà dei turisti. E’ stato introdotto un limite di ingressi giornalieri e l’obbligo di seguire determinati percorsi durante la visita. Stessa sorte è toccata all’area delle statue Moai dell’Isola di Pasqua, in Cile, e alle aree protette delle Galapagos.

Il turismo di massa provoca disagi alle popolazioni locali, peggiorando la qualità della vita dei residenti o generando invidia sociale.

Qualche esempio del primo caso è la rivolta dei barcellonesi contro i turisti e gli affitti a breve termine, perché il turismo ha fatto salire del 68% del prezzo degli alloggi. E’ successa la stessa cosa nelle Isole Canarie, prese d’assalto da 16 milioni di turisti all’anno. Ad Amsterdam c’è la tassa di soggiorno più alta d’Europa, sono stati bloccati gli ingressi delle navi da crociera e la costruzione di nuove strutture ricettive. Sulle navi per Santorini e Mykonos è da poco scattata la tassa di 20 euro per limitare i picchi giornalieri di 11.000 visite, un numero allucinante se consideriamo che Santorini ha 13.500 abitanti. Un altro esempio è Venezia e il ticket d’ingresso, che è stato introdotto per contrastare il sovrappopolamento della città diventata invivibile per i residenti.

L’invidia sociale, invece, è provocata dal turista più ricco – e spesso bianco – che va a visitare le popolazioni locali più povere. Parlo, in particolare, del cosiddetto white savior complex, ovvero la sindrome del salvatore bianco: la pratica di visitare un villaggio di un Paese in via di sviluppo facendosi i selfie con i bambini poveri, donando pubblicamente soldi e giocattoli e documentando il tutto sui social. Le conseguenze negative di questo improvvisarsi Madre Teresa di Calcutta sono un’infinità: dipendenza economica dalle offerte dei turisti, apatia sociale, gap culturali nati dalla convinzione che il turista occidentale sia di una razza superiore alla propria, e che porta al rifiuto delle proprie tradizioni. Questa orrenda spettacolarizzazione dell’esotico incentiva il business della povertà, e aumenta il divario tra bianchi e neri che ha alimentato il colonialismo per secoli.

In Myanmar, Kenya, Nepal, Cambogia e ad Haiti (ma anche in altri Paesi) esistono addirittura dei finti orfanotrofi che vengono inseriti nei percorsi turistici perché guadagnano chiedendo donazioni. I bambini delle famiglie meno abbienti, specialmente se vittime di disastri naturali, vengono portati in questi centri e tenuti in condizioni precarie per attrarre i turisti e i loro soldi. Si stima che 8 bambini su 10 non siano realmente orfani. Le visite dei turisti li espongono anche a stupri e violenze, oltre ad allontanarli per sempre dai loro parenti e a portarli a dipendere da droghe e delinquenza quando ormai diventano troppo grandi per rimanere nell’orfanotrofio.

Infine esiste il fenomeno del canned lion, il “leone in lattina”: esistono dei finti santuari e centri di recupero che fanno la stessa cosa dei finti orfanotrofi, ma con gli animali selvatici. Prelevano gli animali dal loro habitat naturale e li portano in questi centri di recupero fingendo di averli salvati, per poi farli interagire coi turisti. Quando gli animali diventano meno attraenti o incapaci di riprodursi, vengono venduti a chi organizza delle battute di caccia in riserve private. Ti porto via con me ha dedicato un articolo molto interessante a questo schifo.

Turismo e sostenibilità: la mano di un bambino nero stringe il dito di un bianco, sindrome del white savior
Turismo e sostenibilità: il fenomeno del white savior [photo credits: borgogniels | iStock]

Turismo e sostenibilità: le tipologie di turismo sostenibile

Il turismo sostenibile, per essere tale, deve rispettare delle regole che riguardano gli aspetti sociali, economici ed ambientali del viaggio, garantendo contemporaneamente un’esperienza di qualità al turista.

Curare l’aspetto sociale di un viaggio significa evitare di creare conflitti tra i turisti e le comunità locali, evitare la mercificazione e la stereotipizzazione della cultura locale, ed evitare di creare gap culturali.

Curarne l’aspetto economico significa servirsi di agenzie e tour operator che non sfruttano i lavoratori del posto e che siano, il più possibile, collegate a realtà locali con contratti lavorativi regolari.

Curarne l’aspetto ambientale, infine, significa evitare di creare inquinamento e degrado, evitare di distruggere ecosistemi e risorse.

Ed eccoci a scoprire che differenza c’è tra turismo sostenibile e turismo responsabile, ad esempio, o che cos’è il turismo ambientale. Perché dai princìpi appena nominati arriviamo ai tipi di turismo sostenibile, che sono:

  • il turismo responsabile: un tipo di turismo fatto secondo il principio di giustizia sociale ed economica. Significa, ad esempio, alloggiare in un hotel gestito da una famiglia locale con lavoratori che hanno contratti regolari verificati e/o che provengono da cooperative del luogo;
  • l’ecoturismo: un tipo di turismo che cura l’aspetto ambientale dello sviluppo economico del luogo, incentrato sui viaggi in aree naturali indisturbate o incontaminate che vanno preservate e lasciate intatte;
  • l’etnoturismo: il turismo rivolto a chi vuole conoscere usi e costumi degli abitanti del luogo, le tradizioni, la cultura e l’organizzazione sociale di gruppi umani lontani da quello abituale;
  • il turismo solidale: il turismo che permette di immergersi totalmente nella vita e nella cultura del luogo contribuendo, tramite volontariato, al miglioramento della comunità visitata;
  • il turismo equo e solidale: si differenza dal precedente per la possibilità di portare vantaggi, sempre tramite volontariato, alle fasce più deboli della popolazione locale.
Turismo e sostenibilità: viaggiatori zaino in spalla al tramonto

Come fare turismo sostenibile e scegliere pacchetti turistici sostenibili

I tipi di turismo sostenibile appena nominati servono soprattutto a creare consapevolezza su turismo e sostenibilità, a distinguere i diversi termini utilizzati nelle descrizioni delle strutture ricettive e delle escursioni che troverai quando organizzerai il tuo prossimo viaggio, e a comprendere al meglio cosa offrono i pacchetti turistici dei tour operator e delle agenzie di viaggi. Ma come si fa a fare turismo sostenibile nel pratico, soprattutto se il viaggio lo stai organizzando da te?

Ecco alcuni consigli:

  • prediligere le località undertourism, ovvero i luoghi meno noti al turismo di massa che otterrebbero reali benefici da un moderato afflusso di turisti (borghi e città rurali italiani, città meno note al turismo internazionale…), ti lascio questo articolo di National Geografic per prendere spunto;
  • se al contrario si sceglie una località overtourism, evitare i periodi di maggiore affluenza e scegliere periodi di bassa stagione, per evitare di far parte del sovraccarico di turisti;
  • allungare i giorni di permanenza se la destinazione scelta è molto lontana;
  • evitare l’automobile quando non necessaria, e preferire mezzi di trasporto pubblici;
  • limitare la produzione dei rifiuti ed evitare di lasciarli in giro;
  • scegliere alloggi ecosostenibili consultando i programmi di certificazione ambientale, come il marchio Green Key o il Sustainable Travel Finland, che spesso applicano regole molto rigide alle strutture ricettive e permettono di distinguerle da chi pratica greenwashing;
  • scegliere ristoranti e souvenir di imprese locali, e lasciare mance con criterio (molti proprietari smettono di pagare i loro dipendenti con la scusa che prendono le mance!);
  • informarsi in modo approfondito sulla cultura e sulle tradizioni locali, ed evitare di giudicare le usanze delle persone che si incontrano durante il viaggio;
  • prestare attenzione al proprio abbigliamento, evitando di mostrare oggetti di lusso fuori contesto, ed evitare di fare foto alle persone senza chiedere il permesso;
  • evitare di portare via rocce e conchiglie dalle spiagge, ed evitare di uccidere animali per una foto (ad esempio le stelle marine, che muoiono se portate fuori dall’acqua);
  • evitare di fare donazioni pubblicamente, anche di giocattoli o caramelle; meglio rivolgersi ai responsabili dei centri (verificando che si tratti di reali orfanotrofi o associazioni umanitarie) o al capovillaggio, e donare privatamente;
  • evitare di partecipare a spettacoli con gli animali e di visitare centri che incentivano le interazioni tra il turista e l’animale selvatico (foto col leone, passeggiate con animali selvatici al guinzaglio, escursioni a dorso di elefante…).

E’ importante sottolineare che è impossibile organizzare un viaggio sostenibile al 100%. E’ impossibile conoscere tutti i retroscena delle strutture, dei ristoranti e di tutte le aziende coinvolte in un viaggio, soprattutto per chi non lo fa di mestiere. Ma questa non è una giustificazione, al contrario: bisogna informarsi, essere consapevoli delle proprie scelte e cercare le alternative per rendere l’esperienza il più sostenibile possibile, affinché anche i nostri figli e nipoti possano goderne un domani.

Concludo l’articolo su turismo e sostenibilità spiegando cos’è il greenwashing, un termine che avrai già sentito se segui le proteste ambientali e le polemiche legate ai danni provocati dai brand di abbigliamento fast fashion.

Il greenwashing è una tecnica di marketing che inganna il consumatore facendogli credere che sta acquistando un bene o un servizio che fanno bene all’ambiente, o che sono prodotti in maniera responsabile ed ecosostenibile. Un hotel che si autodefinisce green e non lo è, ad esempio, oppure le collezioni dei brand di fast fashion spacciate per ecologiche, ma che continuano ad essere prodotte dai bambini del terzo mondo. In questo tipo di comunicazione i dettagli sulla produzione del prodotto o su cosa si fa realmente per essere ecosostenibili sono fuorvianti o poco trasparenti. Ecco perché bisogna controllare se le strutture che si dichiarano ecosostenibili sono certificate.

Ringrazio i docenti Mauro Orazi e Valentina Miozzo per avermi insegnato tutto questo, perché mi si è aperto un mondo.

→ Continua a leggere con una splendida destinazione undertourism in Finlandia: la graziosissima Hanko!

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Ciao io sono Anna

Ciao, io sono Anna!

Sono una travel blogger di Roma, sul web con Profumo di Follia dal 2012. Organizzo viaggi in piena autonomia da sempre, soprattutto nel weekend e nelle capitali europee.

Ho una passione per la Finlandia che mi ha portata a studiare la lingua finlandese per un anno e mezzo e a progettare di esplorarla in lungo e largo.

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